Questo sito usa i cookie di terze parti per migliorare i servizi e analizzare il traffico. Le info sulla tua navigazione sono condivise con queste terze parti. Navigando nel sito accetti l'uso dei cookie.


In occasione del Limmud di Bianca Colbi Finzi
E’ un piacere ed un onore poter portare i miei ricordi in questa occasione ed è bello vedere tanti discendenti di Bianca Finzi con noi oggi a Bologna. Dopo di me parleranno, portando i loro ricordi personali, Elena Samaja e Nicoletta Ottolenghi, e poi Paola Bonfiglioli a nome dell’ADEI di Bologna. Bruno Orvieto parlerà a nome della famiglia, ed il Rabbino concluderà con uno studio della mishnà, l’yzkor ed il kaddish.
 Signor Rabbino, famigliari (Bruno e Claudia Orvieto da Roma e Tullio e Silvia Levi da Torino) e cari amici della Comunità, i miei ricordi di Bianca cominciano a Marina Romea quando ero molto piccolo. Ricordo le belle feste di bambini e la gentile accoglienza nella sua bella casa. La sua passione per le nuotate ed il suo attaccamento a Marina Romea. In qualche modo i miei ricordi finiscono anche a Marina, dove anche nelle ultime estati ho potuto visitarla nella sua casa e parlare con lei della Comunità e delle tante cose che la interessavano, e là l’ho vista l’ultima volta.
Bianca è stata per 12 anni presidente della nostra Comunità (dal 1987 al 1999). Era una presidente molto presente, che teneva sotto controllo il funzionamento di ogni cosa e dedicava molto tempo a questa attività, non disdegnando di fare dal lavoro più semplice come gestire la corrispondenza e ordinare gli archivi, fino al compimento dei più alti ruoli istituzionali. Insieme alla segretaria Sara Gatta, cui era affezionata, gestiva col suo metodo il funzionamento della nostra piccola organizzazione. Quando ha lasciato il ruolo di presidente si è subito sentito il vuoto che ha lasciato e molte cose che lei aveva sotto controllo sono state meno seguite. La sua gestione si svolse in tempi in cui ancora più di oggi c’erano pochissimi fondi: niente 8 per mille, fondi pubblici o altro. Bianca seguiva la parte economica con grande attenzione, ed era generosa, contribuendo alla vita della comunità non solo col suo tempo ma anche con le sue risorse, sia come contribuente, sia mettendosi le mani in tasca quando i conti non tornavano. Aveva un forte sentimento ebraico, che la portava prodigarsi perché la Comunità non solo sopravvivesse, ma vivesse. Fu lei a prendere l’abitudine di invitare tutta la Comunità a cena in succà, e questo uso è stato ripreso negli ultimi tre anni anche in suo ricordo. Era molto attenta ad assicurare la copertura della cattedra rabbinica, nella coscienza di quanto questo fosse essenziale per la continuità dell’ebraismo. Fu presidente con i Rabbini Somekh e Saadoun, e fu sotto la sua presidenza che avvenne la chiamata di Rav Sermoneta. Anche in questo fu un esempio per noi, perché seppe rispettare il ruolo del rabbino, ma nella tradizione delle nostre Comunità, seppe anche essere un presidente che non esita a confrontare il rabbino quando lo ritiene necessario per il bene comune.
Il suo impegno in Comunità si affiancava ad una appassionato impegno civile, non solo nell’ADEI, di cui parlano già altri, ma anche nei movimenti civili impegnati per i diritti delle donne e per la laicità dello Stato, come il Movimento Scuola e Costituzione, raccogliendo stima e affetto da chi lavorava con lei.
Fu sentitamente sionista, con un vero grande amore per il Paese e con prontezza a difenderne le ragioni. Questo lo fece in tempi in cui era più difficile far breccia nei pregiudizi delle istituzioni e della politica, e lo fece con efficacia e senza l’ostentazione aggressiva che oggi alcuni considerano l’unico modo di essere sionisti.
Tra le sue grandi realizzazioni vi fu anche il Museo Ebraico di Bologna, che lei seguì dal lato della Comunità, cooperando con Eugenio Heiman cui la legava una solida amicizia e un sincero rispetto. Credette molto nel Museo e ne fu fiera.
Da quello che ho detto si può credere che fosse una persona diplomatica e politica, e dunque vorrei dire ancora qualche parola ricordando il suo carattere che era assai forte. Io la ricordo come una donna capace di grandi affetti, ma anche convinta delle sue ragioni e pronta a imporsi. Non temeva il confronto ed era pronta a esprimere apertamente il suo disaccordo, come fece Abramo con Abimelech a Beer Sheva, e per questo diciamo che Abramo amava la pace, perché non lasciava le sue contrarietà a macerare dentro di sé, ma cercava il confronto chiarificatore, e per questo ricorderemo che anche Bianca amava la pace. Alle volte si infuriava, ma quasi sempre la furia era di breve durata, e quando una persona con cui aveva avuto contrasto si trovava in difficoltà, dimenticava subito gli screzi e si faceva carico dei problemi del suo prossimo. Fu pronta in più occasioni a prendere posizioni di principio, ma faticose, per difendere la dignità della Comunità e assicurare che rimanesse la casa di tutti noi, ognuno col suo modo di sentirsi legato all’ebraismo, in momenti in cui il rischio di frammentazione era assai grande.
Che il ricordo di Bianca Finzi sia sempre in benedizione!