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Di Rav Alberto Sermoneta

La festa di Purim è conosciuta dalla tradizione rabbinica con l'appellativo di “Festa Minore” insieme a Chanuccà e nell'era moderna anche Jom Ha Azmaut (anniversario di indipendenza dello Stato di Israele).

Esse vengono definite minori in quanto sono state comandate, esclusa Jom Ha Azmaut, dai Maestri della Mishnà e del Talmud e non dalla Torà poiché in esse viene celebrato un evento avvenuto in tempi successivi alla conclusione della Torà.

La festa di Jom Ha Azmaut invece, fu introdotta nel calendario ebraico dalla Rabbanut ha Rashit (Rabbinato centrale) di Israele, solo dopo la proclamazione dell'indipendenza dello Stato Ebraico da parte delle Nazioni Unite nel 1948 e tuttora non riconosciuta dall'ebraismo mondiale.

Queste festività, sono osservate diversamente dal popolo ebraico rispetto a quelle che noi chiamiamo le grandi festività e che sono, Pesach, Shavuot, Succot, Rosh ha Shanà e Kippur, comandate direttamente dalla Torà e celebrate con un criterio totalmente diverso da quelle “minori”.
Secondo un famoso rabbino moderno, Rabby Shimshon David Pinkus, la gioia con cui noi dobbiamo festeggiare Purim deve essere completamente diversa da quella con cui celebriamo le altre feste, persino Succot, chiamata esplicitamente dalla Torà “epoca della nostra gioia”.
In ogni festività ebraica, vi è un significato diverso dell'una nei confronti dell'altra e ognuna è completamente diversa dall'altra:
Pesach è diversa da Shavuot che a sua volta è diversa da Succot e così via, ma vi è un'unica finalità fra loro che è quella di convergere verso D-o in un appuntamento annuale.
Il termine Moed, con cui vengono riconosciute queste festività comandate dalla Torà, vuol dire “tempo stabilito” un appuntamento fisso, a scadenza quasi regolare che ogni ebreo ha con il Signore Iddio tre o più volte l'anno.
Purim ha un senso diverso da tutte le altre festività, un modo diverso di gioire, previsto persino dalla Halakhà la quale prevede che vi sia il dovere di festeggiarla, esagerando persino nel bere vino, cosa estremamente proibita negli altri giorni dell'anno.
Dicono i nostri Maestri, che è permesso bere vino, fino ad arrivare al punto di confondersi maledicendo Mordekhai e benedicendo Aman; può questa essere definita una festa sacra, visto che ci si può comportare in questo modo?
E' chiaro quindi che la celebrazione di Purim è diversa dalla celebrazione delle altre feste e che si differenzia da esse per il tempo in cui essa cade.
Tutte le altre feste, possono essere definite una scala con i pioli che nel loro susseguirsi l'uno dopo l'altro, arrivano ad una condizione di sacralità alta per popolo ebraico per poi tornare a ripetersi nel corso degli anni.
La prima è Pesach, in cui viene celebrata la nascita del popolo di Israele, liberato finalmente dall'Egitto; poi Shavuot in cui si celebra l'alleanza del popolo con D-o, attraverso la donazione della Torà; una sorta di Bar Mizvà.
I giorni severi con Rosh ha Shanà e Kippur, segnano il matrimonio fra il Signore Iddio e il popolo di Israele attraverso il riavvicinarsi reciprocamente, attraverso la teshuvà e finalmente l'ingresso nella Chuppà (baldacchino nuziale), simboleggiato dalla Succà, all'insegna della gioia, nella benedizione divina.
Dopo questi giorni festivi, iniziano i “giorni del buio” - simboleggiati dall'inizio del dominio greco, che secondo l'interpretazione rabbinica, furono quelli che hanno oscurato gli occhi del popolo ebraico, attraverso il loro paganesimop e la loro lotta agli ideali ebraici.
Di fronte a ciò, la festa di Chanuccà, fa ritrovare la luce della Torà e della gioia nel suo studio e nell'osservanza delle sue mizvot.
La conclusione di tutti gli eventi, avviene con la festa di Purim, considerata la nona e ultima festa dell'anno, dopo la quale arriverà la decima festività, che sarà quella in cui si celebrerà la venuta del Mashiach, considerata la fase alto più alta nella storia del popolo ebraico.
Da ciò si impara che per tutte le festività, vi sono delle tappe che portano alla conclusione di un ciclo, ma Purim è considerata una tappa a se stante.
Verso la fine della lettura della Meghillà di Ester, troviamo scritto. “il suo ricordo non cesserà dalla sua stirpe”.
I commentatori, sostengono che questa frase, non ha soltanto un valore epocale ma ha anche un valore escatologico, in quanto anche con la venuta del Mashiach, questa festa non cesserà di esistere.
Il grande Maestro della Cabbalà Izchak Luria, sostiene che con la venuta del Messia, tutte le feste, comandate dalla Torà, verranno abolite in quanto esse hanno come unico fine quello di ricordare al popolo ebraico, la loro origine e il motivo dell'osservanza delle mizvot;
l'unica festa che verrà mantenuta per l'eternità, sarà quella di Purim, in cui nel suo significato – storico- politico e religioso, sono racchiuse tutte le altre feste celebrate fino a quel momento.

La vigilia di Purim è chiamato shabbat zakhor – sabato del ricordo, in cui oltre ad alcuni inni che verranno aggiunti nella tefillà di shachrit, verrà estratto un secondo sefer in cui verrà letto il brano del Deuteronomio (deut.cap.25 vv.17 -19) dove si comanda di ricordare ciò che Amalek fece al popolo ebraico appena attraversato il Mar Rosso, attaccandolo nelle retrovie, colpendo le parti più deboli di esso, donne e bambini.
Amalek è considerato nella storia di Israele il simbolo della persecuzione del popolo ebraico, il quale colpisce sempre le persone deboli ed indifese, cercando lo sterminio del popolo, così come tentò di fare Aman e tutti coloro che sono stati i nemici più acerrimi del nostro popolo, fino ai nostri giorni.
L'obbligo della lettura della meghillà, è sia la sera che la mattina e l'ascolto DELL'UNA NON ESONERA DALL'ASCOLTO DELL'ALTRA.
Vi sono altre mizvot che i nostri Maestri hanno comandato al popolo di osservare di Purim, oltre che ascoltare la Meghillà per due volte, che sono:
regalare ai poveri almeno due tipi di cibo, per fare in modo che anch'essi possano osservare la mizvà del banchetto;
scambiarsi doni fra ebrei, si preferisce cibi, per far sì che si arricchisca il pranzo di Purim;
fare un grande pranzo, durante il quale è mizvà abbondare il bere vino ed è uso (soltanto per quel giorno) ubriacarsi fino a dire barukh Aman e arur Mordekhai ossia scambiare il valore dei due personaggi chiave della storia di Ester.