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Di Rav Alberto Sermoneta

Le scorse settimane abbiamo dedicato il nostro commento al personaggio di Abramo, colui che per primo ebbe la grandiosa idea del monoteismo. Questa settimana parleremo di Sara, moglie di Abramo la quale, insieme a suo marito, dedicò la vita ad insegnare a tutti coloro che lo desideravano gli aspetti di quella che poi divenne la tradizione ebraica.
Il midrash racconta che come Abramo si prodigava a far comprendere agli uomini le idee monoteistiche e quindi a far sì che questi divenissero dei proseliti, così Sara si comportava con le donne.
Già dal suo nome possiamo notare gli atteggiamenti regali: sia prima, quando aveva il nome di “Sarai”, che dopo il cambiamento in “Sarà”, che in ebraico significa principessa. Sara infatti, mantenne sempre un rapporto con la società che la circondava, e soprattutto nei confronti di suo marito, nutrì onore, rispetto e grande considerazione.

Anche per Abramo, Sara rappresentava un punto di riferimento:“ Col asher tomar elekha Sarà shemà be kolà – tutto ciò che ti dice Sara, ascolta la sua voce” dice ad Abramo il Signore Iddio; Sara non è certamente una delle “donne manifesto” medioevali e neppure una Barbie moderna.
Pur nella sua massima dignità femminile, ella rispecchia un carattere forte, ma nobile nello stesso momento e sa imporsi per il bene della famiglia e del clan.
E’ una vera e propria “eshet chail – donna combattiva” che rende onore a suo marito, proprio come insegnerà il Mishlè circa un millennio dopo.
Il midrash racconta che, quando Abramo le dice che dovrà portare Isacco in un luogo isolato, per insegnargli le tradizioni e farlo studiare (piuttosto che dirle del Sacrificio) lei, pur consapevole della sorte che sarebbe toccata al figlio desiderato per novanta anni, non obietta, ma incoraggia Abramo ad andare, sebbene in cuor suo nutrisse la disperazione di una madre che si vede privata del proprio figlio.
Sempre il midrash racconta che, nello stesso momento in cui i due, padre e figlio, si allontanano dalla loro tenda, il Satan (l’angelo tentatore dell’uomo) si reca da Sara a dirle che suo figlio sarebbe stato ucciso da Abramo.
Essa non da soddisfazione al Satan ma si reca nella grotta di Machpelà, a Chevron, a pregare i suoi avi che ciò non avvenisse. Lì, proprio in quel luogo muore per la sua tarda età.
E’ per questo che la parashà inizia dicendo che Sara morì a Kiriat arbà cioè Chevron.
Muore all’età di 127 anni, ma Rashì spiega che a 100 anni era bella come una ragazza di 20 anni, mentre a 20 anni era pura come una bimba di 7.

Shabbat shalom