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Di Rav Alberto Sermoneta

Nella parashà che leggeremo questa settimana, la Torà racconta di un uomo, Noè, che attraverso il comandamento divino salvò il genere umano dal diluvio universale.
Dopo questa nota storia, la Torà ci narra l’episodio conosciuto da tutti i Commentatori con il nome “la torre di Babele” oppure come “dor ha haflagà - la generazione della separazione”; nel quale gli uomini furono puniti da D-o con la confusione delle lingue , per aver costruito una torre altissima che avrebbe dovuto servire a renderli ancora più uniti.

L’episodio è abbastanza curioso poiché in esso viene raccontato che dopo il Diluvio e il ricostituirsi della popolazione umana, gli uomini vollero dare prova della loro potenza e, sfidando la grandezza divina, tentarono di costruire una torre la cui cima doveva raggiungere il cielo.
La cosa che incuriosisce il lettore è che nella Torà troviamo scritto che essi per rimanere uniti, costruirono questa torre ed il Signore li punì.
Quale era la loro colpa? Forse essere uniti fra uomini può essere definita una colpa?
Perché D-o si scaglia contro di loro, confondendo le lingue e facendo sì che l’uno non comprenda cosa l’altro voglia dire?
In realtà essi usano questa scusa come giustificazione dell’atto che stavano compiendo con altezzosità, arroganza e fanatismo trascurando che al di sopra c’era D-o.
Infatti le torri non sono il simbolo dell’unione fra uomini, ma il simbolo della potenza (vedi a Bologna le “due torri”), mentre secondo la tradizione ebraica, più c’è umiltà, più c’è vicinanza e fratellanza.
“mima’amakim keratikha A’ – dal profondo ti invoco o Signore” così ci insegna il salmista!
Più un uomo si abbassa dinnanzi al suo prossimo, più si rafforza il rispetto per l’umanità intera.
Forse costoro non avevano proprio capito nulla, ecco perché vennero puniti!
Shabbat shalom