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Di Rav Alberto Sermoneta

Nella Parashà di Beshallach viene dettagliatamente narrato l’episodio dell’uscita dall’Egitto e del miracoloso passaggio del Mar Rosso.
E’ la parashà della libertà, acquisita dopo quattrocento trenta anni di schiavitù del popolo ebraico in Egitto.
Nella Parashà, oltre a questo famoso episodio, ne vengono raccontati altri, fra cui quello della manna, che servì a sfamare il popolo nei quaranta anni di permanenza nel deserto.
Anche se non era l’unico cibo che il popolo mangiava, la manna era la parte essenziale ed accompagnava l’alimentazione quotidiana, sostituendo il pane.

Infatti, secondo il racconto biblico essa veniva lavorata e preparata secondo gusti diversi e si dice che avesse un sapore dolce proprio come “ una frittella bagnata nel miele”(Es.16).
Il Midrash racconta che la manna assumeva il sapore più gradito ad ognuno, e in questo modo oltre a saziare materialmente, essa era
mangiata anche con appetito.
Nello stesso episodio, la Torà insegna anche quella serie di regole che vanno sotto il nome di “hakhanat shabbat”, ossia la preparazione per lo shabbat.
E’ scritto che di manna si poteva prenderne quanta se ne volesse, ma doveva necessariamente essere usata soltanto il giorno in cui veniva raccolta, altrimenti imputridiva.
Questo tuttavia non si verificava il venerdì, alla vigilia dello shabbat, in cui proprio dietro comandamento divino doveva essere prelevato il doppio esatto della razione giornaliera di manna, in quanto di shabbat non sarebbe caduta.
Da ciò si imparano due mizvot:
la prima è la preparazione dei pasti sabatici al venerdì, facendo attenzione che non manchi nulla sulle tavole delle famiglie ebraiche, sia nella cena del venerdì sera, sia nel pranzo del sabato e sia nel terzo pasto (quello cioè che si fa fra la preghiera pomeridiana di minchà e quella serale di arvit);
la seconda è quella di mettere sempre sulla tavola, due pani, coperti da una speciale tovaglietta, in ricordo della doppia razione di manna, che il venerdì, in prossimità dello shabbat, cadeva coperta da uno strato di rugiada, che serviva a proteggerla da ogni cosa che avrebbe potuto sporcarla.

Shabbat shalom