Questo sito usa i cookie di terze parti per migliorare i servizi e analizzare il traffico. Le info sulla tua navigazione sono condivise con queste terze parti. Navigando nel sito accetti l'uso dei cookie.


Di Rav Alberto Sermoneta

Con questa parashà la Torà ci narra tutte le regole inerenti la preparazione che gli ebrei dovevano fare, prima di abbandonare l’Egitto e mentre gli egiziani subivano le ultime tre piaghe, che li rendevano impotenti dinnanzi alla forza di D-o distruggendo definitivamente l’apparente divinità del faraone.
Se da una parte il popolo ebraico e il faraone erano presi dal vivere ciò che gli si presentava materialmente era per i primi la vittoria di essere finalmente liberi, dopo 430 anni di schiavitù, per il secondo la definitiva sconfitta davanti alla potenza divina, dall’altra però, entrambi avevano l’opportunità di imparare qualcosa di fondamentale dalle vicissitudini della vita.
Il popolo ebraico riceve l’ordine di imparare da questa esperienza e di trasmetterla ai propri figli; infatti, proprio in questa parashà, riceve l’ordine di dare ai propri figli una educazione ebraica, attraverso l’insegnamento e la trasmissione delle esperienze.

 

Verso la metà della parashà, troviamo comandato dalla Torà: “E lo narrerai a tuo figlio in quel giorno….”; cioè, quando sarai libero e non avrai da preoccuparti di ciò che è più pesante della tua stessa vita, dovrai dedicarti, come cosa principale all’educazione dei tuoi figli.
Il brano in questione, si conclude con le parole: “…e sarà come segno sul tuo braccio e come frontale fra i tuoi occhi, affinché la Torà del Signore sia nella tua bocca”. La prima parte è abbastanza comprensibile, si parla della mizvà di indossare i tefillin, come strumento di studio e ricordo; vanno indossati sul braccio sinistro in corrispondenza del cuore (organo in cui risiede la coscienza) e sulla fronte, in corrispondenza del cervello (organo in cui risiede il raziocinio).
Tutto ciò, prosegue la Torà “affinché la Torà del Signore sia sulla tua bocca”, cioè la bocca, terzo dei tre elementi che servono a trasmettere l’insegnamento, sia lo strumento di trasmissione.
Nella tradizione ebraica, non basta solo lo studio a fare un buon ebreo; se manca la comprensione di ciò che si fa, non vi è alcun senso nell’osservare le mizvot; viceversa, la comprensione e lo studio non sono sufficienti, se non c’è l’azione.
Quindi, interpretando il testo citato, possiamo dire che l’educazione ebraica è costituita da tre elementi: i primi due materiali – il braccio (azione), il cervello (ragionamento per compiere l’azione) e la bocca per studiare e trasmettere le tradizioni apprese.

Shabbat shalom