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Di Marco Del Monte

L’argomento principale della nostra parashà è la donazione dei Dieci Comandamenti. Secondo i nostri Chachamim tutta la Torà intera è racchiusa nei Dieci Comandamenti, vista quindi l’importanza di tale evento Hashem richiede al popolo una preparazione spirituale per poter essere adeguatamente pronti alla ricezione di tutte le Mitzvot.

commmento parashaDi Rav Alberto Sermoneta
Dopo la libertà acquisita con il passaggio del Mar Rosso, che vede il popolo definitivamente separato dall'Egitto e finalmente libero, c'è bisogno di una legge che sancisca la libertà, ma soprattutto funga da arbitro imparziale in mezzo al popolo, per tutelare i più deboli.Infatti nella parashà di questa settimana, assistiamo alla promulgazione del Decalogo, al cospetto di tutto il popolo, raccolto alle pendici del Monte Sinai.

Di Rav Alberto Sermoneta

La parashà che leggeremo questo shabbat contiene gli “Aseret ha Dibberot – I Dieci Discorsi” e non I Dieci Comandamenti, come erroneamente vengono definiti.
Infatti in essi non sono contenuti soltanto delle regole da osservare, ma piuttosto le modalità di come ci si deve raffrontare con il prossimo.
La scorsa settimana abbiamo letto la “shirat ha jam – la Cantica del Mare” che sigla definitivamente la liberazione degli ebrei dalla schiavitù egizia, dopo quattrocentotrenta anni, ma che non deve e non può essere affatto dimenticata, pena il ritorno a quella condizione.
Il primo dei “dieci discorsi” inizia con le parole:
“Io sono il Signore D-o tuo che ti fece uscire dalla terra d'Egitto, dalla casa degli schiavi”; sembra più una costatazione che un comandamento.

 

Di Rav Alberto Sermoneta

Nella parashà di Itrò, la Torà ci racconta in modo dettagliato la manifestazione sinaitica e la promulgazione del Decalogo, all’inizio del terzo mese dall’uscita dall’Egitto.
La manifestazione sul Sinai è però preceduta da eventi collaterali, che hanno sicuramente a che fare, sia con il momento in causa, sia con l’organizzazione della vita del popolo durante il viaggio nel deserto.
La cosa che incuriosisce gli esegeti è che la parashà, forse più importante della Torà è intitolata ad un non ebreo, tanto più pagano e, come Itrò, sacerdote delle divinità pagane.
Addirittura la Torà, più volte specifica che Itrò era il suocero di Mosè; questo, secondo gli esegeti vuole insegnarci che, proprio per la vicinanza del suo nome con quello di Mosè la sua importanza era fondamentale, in seno al popolo.


Di Rav Alberto Sermoneta

La parashà di Itrò può essere considerata la parte fondamentale di tutta la Torà, poiché in essa si trova quello che può essere definito “il cuore” della Torà, cioè I Dieci Comandamenti.
Aseret ha Dibberot – le dieci parole, i dieci discorsi, in questo modo, sono conosciuti nel testo della Torà in ebraico e da esse, dipendono poi i concetti di tutte le mizvot che saranno comandate successivamente, quando, dopo la promulgazione sinaitica, Mosè salirà sul Monte Sinai a ricevere le Tavole di Pietra, insieme a tutti gli altri precetti.
Le tavole di pietra secondo la tradizione ebraica sono due, e contengono: nelle prime i comandamenti che riguardano il rapporto fra uomo e D-o; nelle seconde quelli che regolano il rapporto fra l’uomo e il suo prossimo.

Di Rav Alberto Sermoneta

La parashà che leggeremo questo shabbat è considerata la più importante della Torà, poiché in essa sono contenuti gli “’Aseret ha dibberot – I Dieci Comandamenti”.Molte volte si è cercato di dare molteplici interpretazioni ad essi, dicendo che hanno un valore universale e che riguardano tutta l’umanità.C’è un’interpretazione invece, dello Zohar, il libro dello “Splendore”, interpretazione esegetica di carattere mistico, che spiegando il primo dei Dieci Comandamenti, ci insegna un qualcosa di molto più profondo.


Di Rav Alberto Sermoneta

Con il racconto della Promulgazione del Decalogo, contenuto in questa parashà, i figli di Israele si accingono definitivamente a stipulare un Patto, una alleanza fra loro e D-o e a diventare popolo.
Una alleanza che li porterà ad essere considerati dal Signore stesso “mamlechet kohanim ve goi kadosh” “reame di sacerdoti e popolo santo” a condizione che il patto stesso sia rispettato.

È una alleanza che nel corso dei secoli è costata cara al popolo ebraico, all’insegna delle persecuzioni da parte di tanti altri popoli contemporanei e posteriori alla sua nascita, che hanno usato il termine “popolo eletto” per denigrare sempre di più il nostro operato e per apportare stragi e dolori.