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Di Rav Alberto Sermoneta

La parashà che leggeremo questo shabbat, prende il nome dal secondo libro della Torà che inizieremo a leggere proprio questa settimana: Shemot – Nomi.La traduzione dei “Settanta” prima e la “Vulgata”poi, ha ritenuto di chiamare Esodo questo libro, dando così con un nome diverso da quello della tradizione ebraica.Nel libro si narra dell’uscita del popolo ebraico dall’Egitto e delle numerose peripezie che esso dovette affrontare per raggiungere la libertà. Nell’Esodo vi sono comunque altri episodi che hanno a che fare con la nascita del popolo ebraico e che non sono legati alla sua uscita dall’Egitto.

Il libro inizia la sua narrazione riprendendo da dove finisce il libro di Bereshit e cioè dalla discesa di Giacobbe con i suoi figli nel territorio egiziano, per raggiungere Giuseppe, che era divenuto vice re.Il libro si apre con la descrizione dell’elezione di un nuovo Faraone, che sottomette alla schiavitù gli ebrei. Questa delibera deriva dal timore della notevole crescita demografica, che destava forte preoccupazione per una eventuale sommossa politica o tentativo di salita al potere.Egli tentò così di annientarli, non tanto fisicamente, quanto cercando di togliere loro ogni tipo d’identità e di autonomia.La schiavitù alla quale gli ebrei sono sottoposti, non è quindi solamente fisica, ma anche morale, e avrà lo scopo di togliere ogni diritto all’esternazione delle proprie tradizioni.Non è una novità per il nostro popolo quella che coloro che ci odiano, tentino di avere un atteggiamento uguale a quello del Faraone, cercando di annientarci, attraverso la cancellazione dei nostri diritti, ma soprattutto tentando di togliere la nostra identità e le nostre tradizioni.“…ve khaasher je’annù otò ken irbè ve khen ifroz va jakuzzu mippenè benè Israel- e tanto più li umiliavano, tanto più essi aumentavano di numero e si fortificavano, tanto da divenire per loro una spina nel fianco”.Nel midrash si racconta che un discepolo di un famoso rabbino chiese al suo Maestro, il motivo per cui durante la cena del seder si deve mangiare un uovo sodo.Il rabbino rispose all’alunno che a differenza di ogni altro tipo di cibo, che più tempo bolle sul fuoco, più diventa morbido e tenero, l’uovo è esattamente l’opposto, cioè, più tempo sta sul fuoco a bollire più diventa duro.“Così siamo noi ebrei rispetto agli altri popoli” spiegò il Maestro; mentre gli altri popoli scompaiono dalla faccia della terra per una persecuzione, noi ebrei che di persecuzioni ne abbiamo, purtroppo subite moltissime, siamo più che mai vivi, ma soprattutto sempre più tenaci.
Shabbat shalom