Questo sito usa i cookie di terze parti per migliorare i servizi e analizzare il traffico. Le info sulla tua navigazione sono condivise con queste terze parti. Navigando nel sito accetti l'uso dei cookie.

Di Rav Alberto Sermoneta

Nella parashà di Sheminì vengono elencate le basi su cui poggiano tutte le regole della kasherut, l’ alimentazione ebraica.
In effetti al capitolo 11 del libro di Vaikrà (all’interno di questa parashà), viene dato l’elenco completo di tutti gli animali permessi e di quelli proibiti nell’alimentazione kasher.
Ci si chiede quale sia il motivo dell’elenco di tutti quelli permessi e di tutti quelli proibiti; avrebbe potuto fare l’elenco solo di quelli permessi o solo di quelli proibiti.
Nella Torà però, vige la regola della chiarezza assoluta: nominando gli uni ed escludendo gli altri, ci sarebbero sicuramente stati sia dei fraintendimenti, sia delle cose poco chiare, che avrebbero portato all’errore e quindi alla trasgressione di queste regole fondamentali alla nostra tradizione.

Molte sono le domande che ci si pongono davanti ad una lista così precisa e minuziosa; una potrebbe essere quella, per quale motivo è permesso il capriolo, mentre è proibito il cinghiale?
La risposta è secca: tutto ciò che si trova sulla terra è opera della creazione divina, ed è a Lui che tutto appartiene, non a noi che siamo stati si fatti come coronamento dell’opera creativa, ed a immagine e somiglianza di D-o, ma non siamo i proprietari assoluti di tutto il Creato.
Per cui non abbiamo alcun diritto di distruggere, anche se per sopravvivere, tutto ciò che vogliamo.
L’alimentazione è uno dei pochi atti della nostra vita, che ci paragona a tutti gli esseri viventi, uomini ed animali: se l’uomo che rappresenta la perfezione dell’opera del creato deve distinguersi dal mondo animale, quindi anche l’azione del cibarsi deve essere distinta da quella degli animali.
Così l’Ebreo, che oltre ad appartenere alla categoria degli esseri umani è anche considerato kadosh – distinto, ha il dovere di distinguersi positivamente dalle altre popolazioni.
Per questo motivo ha anche il dovere di osservare minuziosamente tutte le regole della kasherut, che è alla base di un comportamento esemplare, persino in quel luogo dove tutti gli esseri viventi, vengono accomunati, cioè a tavola.
E’ scritto nel Talmud, che fino a che esisteva il Bet ha Mikdash era il Mizbeach (l’altare dove si offrivano i Sacrifici) il mezzo che serviva ad espiare le nostre colpe; dalla distruzione del Tempio è la tavola che ha questa funzione.
“FA CHE LA TUA TAVOLA SIA SACRA COME L’ALTARE DEL TEMPIO!”

Shabbat shalom