Questo sito usa i cookie di terze parti per migliorare i servizi e analizzare il traffico. Le info sulla tua navigazione sono condivise con queste terze parti. Navigando nel sito accetti l'uso dei cookie.

Di Rav Alberto Sermoneta

La Torà continua a parlarci della lebbra, malattia particolare che secondo i commenti dei nostri maestri, colpisce chi si macchia della colpa della maldicenza.

Nella parashà della scorsa settimana a un certo punto leggiamo: "Il lebbroso dovrà dichiarare: sono impuro, sono impuro!"
A proposito di ciò nel Talmud (Shabbat), troviamo affermato che il lebbroso doveva dichiarare pubblicamente la sua condizione (sono impuro sono impuro!) e il popolo intercedeva per lui attraverso la tefillà.
Mentre ci viene insegnato che la tefillà di colui che soffre ha più valore che se qualcuno pregasse per lui, in questo caso invece la preghiera del lebbroso non ha valore ed è quindi il pubblico a pregare per lui. 
Nel libro di Bemidbar Moshè prega il Signore affinché lo guarisca dalla lebbra. Il fatto di ufficializzare la sua condizione è considerata una forma di viddui - confessione della propria grave colpa - e la richiesta al pubblico di pregare per la sua malattia. Il miglior modo di espiare una colpa è quello di avere il coraggio di condividerla con il proprio fratello. In fondo anche il viddui è in prima persona plurale! 

Shabbat Shalom