Questa notte, 14 kislev, rav Sierra ci ha lasciati, chiudendo la sua vita terrena in un ospedale di Jerushalaim, circondato dall'affettuosa presenza di moglie, figli, nipoti ed allievi. Rimangono i ricordi, rimane la gratitudine per un Insegnamento costante e profondo.

I miei primi ricordi dell’operato rabbinico di rav Sierra risalgono alla mia infanzia, alla Bologna del primo dopoguerra; il Beth Hakeneset distrutto e via Gombruti 9 e il parallelo vicolo Tintinnaga (oggi via Mario Finzi) ancora pieno di macerie. E' in questa piccola Comunità distrutta, colpita anche nelle sue persone, che giunge, subito dopo aver conseguito una laurea in filosofia e la laurea rabbinica, il rav Sergio Joseph Sierra con la giovane moglie Ornella.
Rav Sierra comprese che in una piccola Comunità tutta la vita ebraica si svolge attorno al suo rav: dipende da lui se svolgere una attività “formale” attendendo che ci si rivolga a lui oppure se è lui stesso a promuovere le attività cercando di far rivivere lo spirito ebraico; ben si adattava a questa Comunità il versetto del Cantico dei Cantici: “io dormiva, ma il mio cuore era sveglio”, e rav Sierra cercò quindi di far uscire questa Comunità dal suo letargo, con una attività intensissima: iniziarono così le lezioni del sabato pomeriggio e della domenica mattina, ai bambini ed ai ragazzi, le attività del CGE, le ‘rappresentazioni” dei ragazzi in occasione di Chanuccà e Purim. Un posto speciale ebbe l’educazione sionista, dalle lezioni di lingua ebraica al “pensiero” sionista, alla geografia di Eretz Israel.
Una sala, accanto al Beth Hakeneset distrutto, fungeva intanto da sinagoga temporanea, fatta eccezione per il giorno di Kippur, in cui si pregava nella palestra di un liceo cittadino: in questa sala,  in una atmosfera semichaluzista, nel freddo inverno bolognese, rav Sierra riusciva a riscaldare l’atmosfera; si pregava con cappotto e guanti, ma nessuno lasciava il Beth Hakeseneset prima che rav Sierra avesse parlato, rincuorando la Comunità,  parlando del “lume che non si spegne”.
Riferendosi all’attività del rabbino in una Comunità egli si sarebbe rifatto espressamente al discorso di incoronazione a Vienna del rabbino Chajes; anni più tardi, ormai ricco di esperienza rabbinica a Bologna e Torino, rav Sierra avrebbe scritto su “Il Rabbino nella Comunità - Significato di una presenza” (relazione alla Assemblea Rabbinica): dopo aver sottolineato che il principale pericolo per l’ebraismo  è l’apatia degli ebrei verso i problemi ebraici,  ritiene che oggi sia “indispensabile che la Comunità promuova un continuo dibattito nel suo seno per misurarsi in ampie e libere discussioni con tutti i problemi della società, esprimendo il punto di vista ebraico, cogliendo la problematica umana in maniera che l’ebreo sia stimolato a riflettere sui problemi, facendo uno sforzo di approfondimento dell’ebraismo onde enuclearne la peculiarità in base alla quale è possibile offrire una risposta ebraica valida nel tempo in cui viviamo....Indubbiamente gli aspetti sociali, umani della convivenza quotidiana sono gli aspetti più importanti e come tali sono avvertiti dalla generalità delle persone, e non a caso Hillel vide nell’amore del prossimo la quintessenza di tutta la Torah.” Rav Sierra ha aspirato a farci comprendere che la Torah è una Torah di vita, che non può essere rinchiusa nel solo Beth Hakeneset, ma che deve raggiungere ogni aspetto della vita ebraica, indirizzandola: “Pertanto bisogna fare in modo di evitare quello che definirei la burocratizzazione della religione cioè evitare che il rabbino se ne stia nella sua cattedra in posizione statica e relegato in una funzione che lo limiti semplicemente a negare o consentire ciò che è proibito o permesso dall’Halachah”, rifacendosi all’insegnamento del rav Kook: “ciò che è nuovo deve essere santificato, e ciò che è santo deve essere rinnovato”. 
Si trattò del periodo della ricostruzione: Bologna tornò ad avere la carne casher ed ebbe finalmente il suo Beth Hakeneset ricostruito, ma rav Sierra faceva giustamente presente che a poco sarebbe servito l’edificio se non vi avessimo portato i nostri cuori, se esso non fosse divenuto il centro dei giovani; particolarmente famoso rimase l’appello di una sera di Kippur, in cui rav Sierra invitò la Comunità a fare uno sforzo per avere anche a Bologna una scuola ebraica, sottolineando l’importanza del Talmud Torah.      
Uno sforzo particolare fece rav Sierra per insegnarci il Valore etico delle Mizvot,  secondo il nome di uno dei suoi più famosi libri;“le mizvot dell’ebraismo - mi disse rav Sierra il giorno del mio Bar Mizvah - che da oggi tu dovrai compiere, possono e devono servire ad aiutarti a tenere sempre presente il valore che ha la vita di ognuno di noi che fa parte della società. I doveri dell’ebraismo - se tu li assolverai con chiara coscienza di che cosa essi veramente significano- possono essere per te uno stimolo a fare della tua vita una continua pratica della virtù possono cioè ispirarti sempre sentimenti di onestà in ogni tuo pensiero ed azione.”
Naturalmente la presenza di rav Sierra mi fu particolarmente preziosa quando, pochi anni dopo, decidevo, la prima sera di un Rosh Hashanà, di cercare di divenire shomer mizvot ed ancor più quando, trasferitosi ormai rav Sierra a Torino, venivo chiamato come capo culto della Comunità di Mantova (1961-64). Erano quelli anni per me particolarmente impegnativi: si può dire che incominciavo a mettere in atto quanto avevo appreso, rendendomi sempre più conto del dovere di proseguire a studiare. Il Magistero torinese gli permise anche di essere alla direzione del Collegio Rabbinico Margulies e anche la cattedra di ebraico all'Università di Genova va vista nell'ottica del Maestro che vuole contribuire alla diffusione delle opere ebraiche.
Significativa, infatti, la qualità delle opere da lui tradotte, tutte di classici della Torà: rav Sierra ha infatti tradotto il commento di Rashì a Shemot (Esodo), con note esplicative, opera fondamentale per chi voglia conoscere il più autorevole commento ebraico alla Torà; il Keter Malchut (La corona regale di Ibn Ghebirol), "poema religioso di rara intensità drammatica" che nelle Comunità sefardite si usa leggere dopo la tefillà serale di Yom Kippur e il Chovot Halevavot (Doveri dei cuori) di Rabbì Ibn Paquda, vero e proprio Shulchan Aruch della morale ebraica.
Il fatto che non pochi allievi di quegli anni ci siamo ritrovati a vivere in Erez Israel, contribuendo ognuno di noi in diversi campi alla vita ed alla ricostruzione del Paese assieme ai suoi figli, è certamente uno dei segni migliori che l’insegnamento del nostro Morè è stato recepito nei nostri cuori: anche qui, appena arrivato in Israele, ha creato il gruppo del "mifgash haitalkim" per permettere di approfondire vari aspetti del nostro Ebraismo.
Caro rav Sierra, non solo Ti abbiamo apprezzato, ma anche Ti abbiamo molto amato; Tu ci hai insegnato ad accogliere il Volere divino con la berachà: Baruch Dayan haemet. Cercheremo di essere degni del Tuo insegnamento, di cui Ti saremo sempre infinitamente grati: far vivere la Torà nei nostri cuori. Il tuo allievo

Alfredo Mordechai Rabello


Rav Sergio Josef Sierra z.l.

Profondo cordoglio nel mondo ebraico per la scomparsa del rav Sergio Josef Sierra, scomparso questa notte a Gerusalemme all'età di 85 anni.
"Rav Sergio Josef Sierra z.l. è stato una figura centrale dell'ebraismo italiano. Guida spirituale, prima di Bologna e, poi, a lungo, di Torino, ha sempre cercato di diffondere la conoscenza della Torah e della tradizione ebraica sia nelle Comunità italiane sia all'esterno di esse - ha dichiarato il rav Giuseppe Laras, presidente dell'Assemblea dei Rabbini d'Italia nel tracciarne un breve ricordo - Preoccupato di alimentare tra i giovani la fiamma della fede e della conoscenza, ha guidato a lungo (succedendo a rav Dario Disegni z.l.) la Scuola Rabbinica Margulies-Disegni di Torino. Assiduamente presente nei dibattiti riguardanti il mondo ebraico, sia in seno alle nostre Comunità sia rappresentandole con dignità e competenza all'esterno, è stato per molti anni presidente dell'Assemblea Rabbinica Italiana, guidandola con sapienza ed equilibrio".
"L'anno in cui ho fatto il mio Bat mitzvà eravamo dodici ed eravamo le prime ragazze che lui aveva visto nascere e crescere nella Comunità di Torino - dice la vicepresidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Claudia De Benedetti nel ricordare con nostalgia i lunghi anni di studio trascorsi con il rav Sierra - Il discorso che ci ha fatto in quella occasione era molto particolare poiché ci parlava da maestro ma anche da padre. Fu quello il momento in cui decisi di iscrivermi e frequentare la Scuola rabbinica Margulies-Disegni e di studiare sotto la sua guida. Il suo insegnamento è diventato, in quegli anni, per me fonte inesauribile di cultura e identità ebraica e punto di partenza per i miei studi universitari di ebraistica".
"Una notizia molto dolorosa per chi rimane - ha commentato anche il consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Federico Steinhaus nell'apprendere la notizia - Ho avuto modo di conoscere rav Sierra z.l. durante i miei precedenti mandati all’UCEI e ho sempre apprezzato molto la sua saggezza ed esperienza. E’ stato sicuramente una delle personalità più degne ed illustri del nostro dopoguerra e gli dobbiamo molto di quel che di buono c’è nelle nostre istituzioni religiose e culturali".
Il rav Sierra era nato a Roma il 23 dicembre 1923, dove si era laureato al Collegio Rabbinico Italiano nel 1949 e in Filosofia all'Università. Dopo aver svolto il ruolo di Chazan e Morè nella Comunità di Roma, fu rabbino capo della Comunità Ebraica di Bologna dal settembre 1948 al dicembre 1959 e rabbino capo della Comunità Ebraica di Torino dal 1960 al 1985.Nella prima metà degli anni '70 ha insegnato ebraico e letteratura ebraica postbiblica all'Università di Torino e Filologia semitica all'Università di Genova, pubblicando molti saggi e articoli nell'ambito della cultura ebraica. Dal 1983 al 1997 ha fatto parte del comitato scientifico e del comitato di redazione della Rassegna Mensile di Israel e dal 1987 al 1992 ha svolto il ruolo di presidente dell'Assemblea dei Rabbini d'Italia. Dopo una brillante carriera rabbinica e universitaria ha fatto l'Alyà a Gerusalemme dove ha continuato a dedicarsi agli studi contornato da figli e nipoti.

Lucilla Efrati

 
Moked 1 dicembre 2009 - 14 Kislev 5770