
Le indagini archeologiche – prima fase (2005)
Rapporto tecnico redatto dalla Dott.sa Susi D’Amato (società TECNE s.r.l.)
A. Premessa
Nel mese di febbraio 2005 ha avuto inizio l’indagine archeologica tramite scavo stratigrafico del seminterrato della Sinagoga ubicata in via de’ Gombruti 9 (Bo) a seguito del rinvenimento di evidenze archeologiche nella fase di ristrutturazione dell’edificio.
I lavori effettuati fanno parte di una serie di opere di ristrutturazione e miglioramento dell’immobile commissionati dalla Comunità ebraica, mentre l’indagine archeologica è stata effettuata dalla società TECNE s.r.l. sotto la direzione scientifica della dott.sa Renata Curina, funzionario competente per la Soprintendenza Archeologica dell’Emilia Romagna.
B. Esito delle indagini
In seguito all’asportazione del livello superficiale moderno tramite l’utilizzo di mezzo meccanico a benna liscia, si è presentata una situazione stratigraficamente molto complessa nella quale potevano evincersi vari livelli di frequentazione e riutilizzo dell’area nel corso del tempo.
L’ analisi delle strutture archeologiche emerse in questa prima fase di lavoro può permettere di ipotizzare che i livelli superficiali di terreno abbiano tombato i resti di una domus di età imperiale di notevoli dimensioni, forse caratterizzata da un impianto termale privato.
Quello che è emerso in questa prima fase di lavoro è che con tutta probabilità al di sotto dell’attuale sinagoga possano estendersi i resti di una grande struttura abitativa (domus) di età imperiale all’interno della quale era forse presente un impianto termale ad uso privato.
Lo stato attuale dei lavori non permette di avere una chiara idea dell’estensione e soprattutto della suddivisione della domus in ambienti, dal momento che, procedendo all’asportazione stratigrafica del terreno, fino ad ora è stato possibile indagare le evidenze archeologiche relative alle fasi più recenti di occupazione della struttura.
Alla luce dei fatti fu possibile distinguere 6 fasi di vita della struttura:
Si tratta della fase più recente di sfruttamento dell’area e presenta una struttura rettangolare in mattoni (struttura 2), probabilmente rinascimentale, della quale si è conservato il fondo (uuss 35, 39) e parte dell’alzato (us 36) sul lato nord che per la disposizione dei mattoni potrebbe far pensare ad una forma absidata. Sul lato sud va invece ad innestarsi un condotto il cui fondo (uuss 37, 73) è costituito da elementi laterizi di riutilizzo.
I dati al momento in nostro possesso non ci permettono di stabilire l’effettiva funzione della struttura, ma il fatto che sia il condotto che la parte centrale della medesima presentino tracce di fuliggine, porta a supporre che sia stata utilizzata come impianto di riscaldamento.
Sempre rinascimentale è da considerare il pozzo (struttura 4) presente nel settore IV dell’area di cantiere e costituito da una camicia in mattoni posti in opera di verticalmente e legati da malta cementizia.
Fase 2 - Medioevale
Sembrano riconducibili al tardo medioevo il pozzo e il relativo camminamento (indicati rispettivamente come strutture 3 e 1) nel settore III. Il pozzo, del quale è stato asportato per ragioni di sicurezza esclusivamente il livello di tombamento, presenta una camiciatura laterizia di mattoni (uuss 31, 32) posti in opera in piano; sul lato sud si può distinguere sia una differente tipologia del materiale utilizzato, sia una differente disposizione dello stesso: è posto in opera verticalmente e di taglio e sulla superficie interna al pozzo possono distinguersi tracce di sfregamento di corda. A struttura 3 è collegata struttura 1 (uuss 33, 34), interpretata come il camminamento che dava l’accesso al pozzo: realizzato con la medesima tecnica costruttiva di struttura 3. In seguito all’asportazione dei livelli di riempimento è stato possibile rinvenire, oltre al residuo dell’intonacatura delle pareti, una pavimentazione in mattoni (us 62).
Fase 3 - Livello di abbandono
A questa fase è riconducibile il livello di crollo dell’intonaco parietale (us 3) che copre la pavimentazione musiva. Esso è caratterizzato da una svariata gamma di colori che però non permette di individuare un preciso disegno, anche perché la maggior parte dei frammenti si presenta rivolta verso il basso, mostrando il retro incannucciato.
Di fase precedente, sono una serie di spoliazioni effettuate per il recupero di materiale edilizio. Presenti nel settore III (uuss 98, 99, 56, 57, 92, 93, 71, 72), esse sono andate ad intaccare la struttura di epoca imperiale asportandone completamente alcune porzioni.
Rappresenta il momento di massimo splendore dell’edificio, con i suoi mosaici e intonaci dipinti.
Al momento non è possibile stabilire con certezza sia l’effettiva estensione della domus che la sua suddivisione in ambienti. Le porzioni fino ad ora portate in luce (poiché compromesse da interventi moderni), ci permettono di stabilire che si trattasse di un edificio di pregio, forse arricchito da un impianto termale privato. I settori III e IV conservano ancora parte della pavimentazione in opus tessellatum (una particolare tipologia musiva formata con tessere bianche e nere relativamente grandi di forma quadrata), che presenta a tratti due fasce nere parallele tra loro su fondo bianco. Oltre all’opus tessellatum, è stato rinvenuto un lacerto di pavimentazione in opus vermiculatum, caratterizzato da tessere di piccole dimensioni e di diversi colori, disposte in modo da formare una treccia a due capi.
Fase 6 - Repubblicana
Si tratta della fase più antica di frequentazione del sito rinvenuta fino ad ora e confermata dal rinvenimento di numerosi frammenti ceramici a vernice nera.
Per il momento si tratta dell’unico indizio certo, al quale può affiancarsi la presenza di una spoliazione muraria (uuss 63, 64) e del relativo pilastro (uuss 54, 55), con andamento est-ovest, che, per la posizione stratigrafica, sembrano riconducibili ad una fase precedente a quella imperiale.
C. Conclusioni
L’indagine effettuata fino ad ora ha permesso di individuare varie fasi di occupazione dell’area, dall’epoca rinascimentale a quella repubblicana. Le svariate ricostruzioni dell’edificio di via dè Gombruti nel corso del tempo, hanno in qualche modo disturbato la stratigrafia originaria, offrendo un’immagine d’insieme piuttosto complessa.
A ciò vanno ad aggiungersi le opere costruttive rinascimentali e medioevali, che sono andate a tagliare i livelli imperiali compromettendone l’integrità, oltre alla presenza di numerose buche e fosse di spoliazione dalle quali è stato attinto materiale edile.
lo stato dei fatti, è stato possibile portare in luce solo una minima parte dell’edificio di età imperiale: caratterizzato da una pavimentazione musiva, esso presenta al suo interno una grande vasca ed un impianto di riscaldamento che farebbero pensare ad un’area termale privata.
Il fatto che sia stato rinvenuta una struttura di tali dimensioni ai margini dell’area abitativa e, oltre a ciò, la presenza di intonaci dipinti, stucchi decorati e alcune tessere musive in pasta vitrea (forse utilizzate come decoro parietale), ci permettono di ipotizzare che si trattasse di un edificio di grande pregio che richiederebbe un’accurata indagine archeologica allo scopo di individuarne l’effettivo sviluppo.
Le indagini archeologiche – seconda fase ed ultima fase (2007)
Nel mese di gennaio 2007 sono riprese le indagini archeologiche nel cantiere della Sinagoga di Bologna; i lavori, commissionati dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, sono stati eseguiti dalla ditta “La Fenice Archeologia & Restauro” S.r.l. sotto la direzione scientifica della dr.ssa Renata Curina della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna.
L’indagine ha interessato buona parte del piano interrato dello stabile in oggetto, laddove erano in precedenza emerse ampie evidenze strutturali di età romana; in particolare, con questa campagna è stato affrontato lo scavo estensivo di tali evidenze, asportando i livelli di abbandono e crollo che le ricoprivano, ed è stato effettuato il rilievo archeologico sistematico dell’area, sia grafico che fotografico.
L’area risulta occupata in età romana da un edificio, che si estende oltre i limiti fisici dell’interrato della Sinagoga; i reperti rinvenuti nelle stratigrafie, ed esaminati attualmente solo in via del tutto preliminare, permettono una prima datazione di massima fra la prima età imperiale ed il V-VI secolo d.C., momento nel quale tutta la struttura venne dismessa e ricoperta di terra.
Sono emersi i piani pavimentali realizzati a mosaico, conservati soprattutto nella porzione meridionale dell’area; i tappeti mostrano lacerti di decorazioni a bande bianche e nere, a esagoni con fiore inscritto e a treccia policroma. Le dimensioni delle tessere, particolarmente minute nel caso della treccia policroma, sono testimonianza del buon livello qualitativo delle pavimentazioni.
Se i tappeti musivi si conservano parzialmente, sono continue le relative sottofondazioni pavimentali, che risultano interrotte dalle fosse di spoliazione delle strutture murarie dell’edificio; l’edificio, a sud-ovest, era dotato di un ambiente di tipo termale, riconoscibile per la presenza di alcune suspensurae ancora in posto. Inoltre, nella porzione settentrionale, è stata parzialmente scavata una grande fossa di spoliazione a margini regolari, provvista di articolazioni curvilinee.
L’intervento ha permesso di rilevare la planimetria dell’edificio presente nell’area; inoltre, di recuperare buona parte degli intonaci dipinti rinvenuti in crollo sui tappeti musivi. Il recupero potrebbe portare alla restituzione di una parte della decorazione pittorica.
Obiettivo dell’intervento
Oggi, attraverso una delicata opera di conservazione e ristrutturazione degli spazi si può pensare di rendere fruibili gli stessi non solo agli iscritti della Comunità Ebraica, bensì alla Città.
L’obbiettivo è quello di elaborare una strategia di valorizzazione di questi spazi finalizzata principalmente all’impedimento di un progressivo deterioramento, ma anche alla valorizzazione come bene culturale accessibile a tutti. Dalla promozione della storia e della memoria di questo luogo, sarà possibile sentire ancora il racconto della comunità ebraica bolognese, in un intreccio strettissimo ed originale fra architettura scultura, natura, memorie pubbliche e private.