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Di Rav Alberto Sermoneta

In una delle ultime profezie che Bilam fa nei confronti di Israele, troviamo scritto:
"Detto di Bilam figlio di Beor e detto dell'uomo con l'occhio aperto. Detto di colui che ascolta le parole di D-o, che vede visioni dell'Onnipotente, che è prostrato con gli occhi aperti".

Per quale motivo la Torà insiste in questo versetto sulla vista, sugli occhi? 
È risaputo che Bilam fosse cieco di un occhio, eppure si parla di vista, di visione e di occhi aperti. 
Nel linguaggio della halakhà, colui che non vede è chiamato "saghì naor - grande luce". 
Uno dei grandi commentatori del testo biblico risalente al XVII secolo -  il Kelì Jakkar - sostiene che il fatto di non vedere materialmente, dà una grande opportunità di vedere cose spirituali. Per questo motivo, quando noi ebrei recitiamo il versetto "Shemà Israel" mettiamo la mano davanti ai nostri occhi. In quell'istante, infatti, secondo la halakhà dobbiamo concentrarci (cercare di vedere con gli occhi dello spirito) sull'onnipotenza divina.
Bilam, anche se era un nemico di Israel, era però considerato dal mondo intero dell'epoca il più grande dei profeti, alla stessa stregua di come Mosè era considerato dal popolo di Israele.
Le sue profezie ci dicono il vero e non si distaccano di molto dal destino del popolo ebraico. 

Shabbat shalom