Di Marco Del Monte
Tra gli argomenti della Parashà troviamo la morte di Miriam e contiguamente il famoso episodio di Moshè con la roccia battuta, il quale gli causerà il non entrare in Israele.
Ci sono molti elementi interessanti che emergono dal confronto tra Moshè e Miriam e dalla dinamica che intercorre tra la Parola e l’Acqua.
Prima che nacque Moshè, Amram, suo padre, si separò dalla moglie Yocheved per paura di far nascere bambini destinati a morire secondo il decreto del Faraone: “Il tuo decreto è più duro di quello del Faraone”, disse la bambina Miriam a suo padre, e ci dice Rashì che già così piccola profetizzò che sarebbe dovuto nascere suo fratello Moshè, il Salvatore d’Israel. Convinto dall’abile e persuasivo discorso della bimba Miriam, Amram si riunì alla moglie e nacque Moshè (siamo quindi un po’ tutti debitori nei confronti di Miriam). Moshè è in pericolo, viene messo nell’acqua ma accompagnato e protetto sempre dall’occhio vigile della sorella. Miriam insieme a Moshè sono nell’acqua, finchè la figlia del faraone sente la “voce” di Moshè: Miriam, grazie alle sue abilità oratorie, riuscirà a persuadere la figlia del Faraone a far allattare Moshè proprio da Yocheved. Già da prima della nascita di Moshè, Miriam mostrerà questa spiccata abilità nell’utilizzo della parola: Miriam viene nominata “Puà” dalla sua capacità di (Poà umedaberet…Es1,15 Rashi) di saper parlare ai bambini e calmarli con la sua voce. Nella cantica del mare ancora una volta troviamo Moshè e Miriam a contatto con l’acqua e anche qui entrambi usarono la loro voce per cantare ad Hashem, lui con gli uomini, lei con le donne (vedi Rashi in loco). Secondo il Midrash gli Ebrei nel deserto meritarono il pozzo miracoloso che li accompagnava, proprio grazie a Miriam. Miriam è un abile oratrice, Moshè invece cercherà di rifiutare il suo compito proprio a causa del suo non saper parlare. Hashem di fronte al roveto dice a Moshè di tornare in Egitto, lui rifiuta, ed Hashem gli mostra due segni: Il bastone che diventa serpente e la sua mano che diventerà lebbrosa. Questi due segni vengono spiegati da Rashì: L’arte del serpente è la capacità di utilizzare in modo improprio la parola; La lebbra rappresenta anch’essa la stessa cosa. Miriam stessa verrà colpita dalla lebbra quando non saprà come parlare(vedi Behaalotechà); non a caso anche in questa Parashà è presente il tema dei serpenti che verranno a mordere il popolo. In Beshallach Hashem vuole che Moshè utilizzi il bastone per battere la roccia, qui in Chukkat invece, gli dice di usare la parola, in entrambi i casi per ottenere l’acqua (il confronto tra i casi richiede un ulteriore spiegazione). Dopo aver battuto la roccia, Moshè dice al popolo: “Morim attem”, voi siete ribelli, ma i chachamim ci fanno notare di come la parola “Morim” può essere letta anche come Miriam, ovvero, Moshè, con grande nostalgia per la sorella, appena salita in cielo, e per la sua arte di parlare e far meritare l’acqua ad Israel, dice al popolo: “Almeno voi, siate come Miriam! Seguite l’insegnamento di mia sorella, non siate “duri di labbra”, perché in questo sta il segreto per ottenere l’acqua, questo è il segreto che fa entrare in terra d’Israele, la forza della parola che fa sgorgare, anche dalla materia più dura, l’acqua, la vita, la Torà, la Tefillà. Secondo la tradizione, l’acqua del pozzo di Miriam si sposta in alcune fonti d’acqua, secondo alcuni è nascosta nel Kinneret, secondo altri può presentarsi in un liquido bevuto all’uscita di Shabbat. Il bere questa acqua fa meritare una profonda conoscenza della Torà, proprio quello che successe secondo la tradizione mistica a Rabbì Chaym Vital quando non riusciva ad imparare la Torà dal suo maestro Ari”Zal: un giorno andarono proprio sul kinneret, Rabbì Chaym Vital bevve in un punto specifico del lago e da allora riuscì ad imparare tutta la Kabbalà di Ari”Zal. Ancora oggi secondo alcune tradizioni, gira nel mondo il pozzo di Miriam, quello che ci apre la mente e ci insegna come usare la grande forza della parola, quella che secondo Rabbì Nachman sarà lo strumento con cui opererà il Mashiach.
Allora...Lechaym!
Shabbat Shalom!