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Di Rav Alberto Sermoneta

Il libro di Bereshit è il primo libro della Torà, la cui lettura settimanale inizia il sabato successivo all’ultima festa autunnale, Simchat Torà, giorno in cui si conclude il ciclo della lettura della Torà.
Esso oltre ad essere chiamato “seder beriat ha olam – Ordine della Creazione del mondo” è anche chiamato “Sefer ha Jashar – il libro dei Retti”, in quanto tutto ciò che è contenuto in esso, insegna il comportamento ideale che conduce alla rettitudine.
E’ chiamato così anche per il fatto che vi è contenuta la storia e la vita di coloro che furono i
capostipite del popolo ebraico, coloro che piantarono le radici della nostre plurimillenarie tradizioni:i tra Patriarchi, Abramo, Isacco e Giacobbe.

Essi si comportarono agli occhi di D-o e, soprattutto degli uomini, in modo assai corretto, tanto da essere considerati il punto di riferimento non solo della tradizione ebraica, ma di tutte quelle correnti religiose che si riconoscono nel Monoteismo.
Nella parashà di Lekh lekhà, la Torà ci presenta il primo dei tre Patriarchi, colui considerato forse il più “grande” fra i tre: Abramo, che viene definito “Sabà kadishà – il Santo Nonno” poiché, padre di Isacco e nonno di Giacobbe – Israele, fu considerato l’origine del pensiero monoteista.
Tutta la nostra storia fa riferimento alle sue gesta, quelle di un uomo semplice, amato da tutti coloro che lo conobbero ed ebbero a che fare con lui.
“Nesì Elohim attà betokhenu – sei un principe di D-o tu in mezzo a noi” così si esprimeranno nei suoi confronti gli abitanti di Chet, nel momento in cui si recherà da loro per acquistare un terreno, dove seppellire sua moglie (episodio narrato nella parashà di chajè Sarà che leggeremo tra qualche settimana).
Egli, anche nel suo atteggiamento principesco, non si pone mai al di sopra degli altri, ma, al contrario, si adopera per farli sentire a loro agio.
“…..Sia la tua casa aperta come quella di Abramo nostro padre” insegnano i Maestri della Mishnà; si narra che la sua tenda fosse aperta da ogni lato, in modo da accogliere chiunque da qualsiasi direzione venisse, senza aver timore di entrare.
La hakhnasat orechim (accogliere gli ospiti) è considerata una delle più grandi mizvot che un ebreo possa fare; essa mette nella condizione un ebreo che si trova in un altro luogo, lontano dalla sua casa, di trascorrere del tempo in modo caloroso.
Quanti si trovano magari a trascorrere uno shabbat fuori della loro città, della loro abitazione e non hanno un posto dove trascorrerlo degnamente, con il calore della propria famiglia?
Noi ebrei, figli di un unico padre, abbiamo il sacrosanto dovere di ospitarli, indifferentemente dal fatto che li conosciamo o meno, soltanto per la mizvà della hakhnasat orechim.
Abramo ce lo ha insegnato anche a discapito della propria persona; noi abbiamo, come suoi figli, il dovere di imitare il suo insegnamento!
Shabbat shalom