Di Marco Del Monte
“Ed ecco nel suo ventre c’erano due gemelli” (Gen 25,24).
Nella Parashà si descrive la Nascita di Yaakov ed Esav.
Spiega Rav Yona Metzgher che nel verso, la parola “gemelli” risulta scritta in modo inconsueto.
Infatti, la parola gemelli si scrive “Teomim”, con una alef, invece nel testo è scritto “Tomim”, senza la alef.
Nelle Parashot successive vedremo che, quando Tamar rimarrà incinta di Yehudà, anche lei partorirà due gemelli, ma nel suo caso la Torà usa la parola Teomim con la Alef: “Ed ecco nel suo ventre c’erano due gemelli” (Gen 38,27). Spiega Rav Metzgher che la parola “Teomim-gemelli” ha la stessa radice di “Matim” cioè, adatto, compatibile, affine. Spiegano i chachamim che i figli di Tamar erano entrambi Tzaddikim e quindi avevano un’affinità caratteriale, mentre Yaakov ed Esav erano totalmente differenti. Si domanda Rav Metzgher, perché nella parola gemelli manca proprio la lettera Alef e non un'altra; perché la mancanza di compatibilità viene espressa dalla mancanza di questa lettera? La forma della lettera Alef אè composta da una Yud superiore da una Vav diagonale e da una Yud inferiore(י ו י). Spiega il Rav che la Vav in questo caso è chiamata “Vav Ha Chibbur”, cioè la Vav che unisce. Grammaticalmente la Vav si traduce con “e, anche” e rappresenta una lettera che unisce due argomenti: “Veèlle Hamishpatim” “E anche queste sono le leggi…”. Quando c’e una “Yud” י cioè uno “Yehudì” che ha un legame forte, rappresentato dalla Vav Hachibur ו, con un’altra “Yud” י, cioè con un altro Yehudì, allora si può essere considerati “Teomim” gemelli. Inoltre, come è risaputo, la lettera Yud, ha valore numerico 10, mentre la lettera Vav ha valore numerico 6. Sommando le lettere che compongono la lettera Alef (י ו י 10+6+10) arriviamo al valore numerico di 26, cioè il valore numerico del Tetragramma, del Nome di Hashem, come a dire che ciò che può veramente unire due persone con un legame indissolubile è proprio il Nome di Hashem, la sua Volontà. Spiega Rav Metzgher, che una dinamica simile si trova in altri due termini: “Golà” (esilio) e “Gehulà” (Redenzione). La differenza tra l’esilio e la redenzione sta proprio in quella lettera Alef che rappresenta l’unione: Se non ci si lega uno all’altro si rischia l’esilio in sé stessi e dal mondo, non a caso la parola “Acher” “l’altro" si può leggere come “Achar” “dopo”, come a dire che, se si è uniti con “l’altro-acher”, si può andare avanti, si può sperare in un “dopo-achar”. Inoltre, il segreto del nome di Hashem rappresentato dalla Alef, se si riesce a renderlo presente e costante dentro di noi, ci fa passare immediatamente, in ogni tempo, da una condizione di “golà” “esilio” in una dimensione di “Gehulà” di redenzione. Non a caso se si scrivessero le lettere del Tetragramma in verticale, troveremo la stessa struttura dell’Essere Umano: La Yud rappresentante la testa; la He rappresentante le due braccia; la Vav rappresentante il tronco; e la ultima He rappresentante le gambe, L’uomo ad Immagine di D.o.
Shabbat Shalom Umevorach