Di Rav Alberto Sermoneta

Se nella parashà di lekh lekhà, che abbiamo letto lo scorso shabbat, il Signore mette alla prova Abramo, prima chiedendogli di abbandonare definitivamente la terra natia e la casa paterna, poi di circoncidersi all’età di novantanove anni, come segno di un patto eterno, stipulato fra D-o e i suoi discendenti, in questa parashà, la prova a cui viene sottoposto Abramo è assai più dura.
I nostri Maestri sostengono che la prima e l’ultima delle dieci prove cui è sottoposto Abramo dal Signore, iniziano entrambe con l’espressione “lekh lekhà” “va per il tuo bene”.

Di Rav Alberto Sermoneta

L’inizio della parashà ci mostra il vero carattere di Abramo, motivo che aveva indotto il Signore a scegliere lui come colui che sarebbe stato il capostipite del monoteismo e soprattutto dell’ebraismo.
Abramo, dopo aver accolto in casa sua i tre Angeli, con il dovuto rispetto ed onore, viene messo a conoscenza di due cose che il Signore Iddio sta per fare:
la prima è che di li ad un anno egli sarebbe divenuto padre di un figlio nato dall’unione fra lui e Sara: Isacco.
L’altra è che i due Angeli rimasti sarebbero andati a distruggere le due città - Sodoma e Gomorra, perché giunte ad un livello di comportamento talmente basso, che non c’era per loro alcuna speranza di salvezza.

Di Rav Alberto Sermoneta

Nella parashà che leggeremo questa settimana ci viene narrata la distruzione di Sodoma e Gomorra. Il Signore, dopo aver discusso con Abramo, che cerca di convincerlo a non distruggere le due città in grazia di eventuali giusti, stende su di loro zolfo e sale, come segno di distruzione eterna per la loro malvagità assoluta.
La parte più suggestiva e commovente è l’ultima parte in cui è narrata la “’Akedat Izchak” (la legatura o sacrificio di Isacco): viene chiesto ad Abramo di offrire il suo unico ed amato figlio in sacrificio.
Questa è l’ultima delle dieci prove a cui Abramo viene sottoposto dal Signore, per vedere se realmente è degno di essere considerato il capostipite del Popolo ebraico.