Questo sito usa i cookie di terze parti per migliorare i servizi e analizzare il traffico. Le info sulla tua navigazione sono condivise con queste terze parti. Navigando nel sito accetti l'uso dei cookie.

Di Rav Alberto Sermoneta

Nella parashà si narra della fuga di Giacobbe verso la Mesopotamia da Labano, fratello di Rebecca, dopo essersi impossessato della primogenitura e della benedizione di suo padre Isacco.
Mentre fugge da suo zio, Giacobbe si imbatte in un luogo e si ferma lì a trascorrere la notte.
Il testo dice: "Vaifgà ba makom vajalen sham ki va ha shemesh- Si imbattè in un Luogo e si addormentò lì perché stava tramontando il sole".

 

 

Secondo i commentatori, ogni volta che la Torà menziona il termine "luogo" si deve intendere il luogo per eccellenza: il Bet ha mikdash, quindi il messaggio del racconto è quello di vedere un luogo sacro e fermarsi.
Infatti il testo vuole dirci che, Giacobbe si imbattè in un luogo, fermandosi a pregare - perché stava tramontando il sole.
Secondo l'interpretazione esegetica Giacobbe, istituisce la tefillà di Arvit- la preghiera serale - quella preghiera che ogni ebreo ha il dovere di recitare prima di addormentarsi.
Insieme a suo padre Isacco e a suo nonno Abramo, Giacobbe istituisce la terza delle tre preghiere quotidiane, che ogni ebreo ha il dovere di recitare ogni giorno.
A proposito di Abramo la Torà ci dice: "Va jashkem Avraham ba boker - e Abramo si alzò di buon mattino".
La ashkamat ha boker indica l'azione di alzarsi di mattina presto per recitare la tefillà di shachrit, ciò che Abramo fece prima di incamminarsi per il Sacrificio di Isacco.
Riguardo Isacco è scritto: "Va jezzè Izchak la suach Bassadè lifnot arev- E Isacco uscì a parlare nel campo sul far della sera" i commentatori spiegano dicendo che parlare nel campo sul far della sera, quando ormai i contadini sono andati via, non significa altri che pregare D-o quando si è soliti.
Quella è la tefillà di minchà.
Quindi l'origine delle tre tefillot quotidiane, sarebbe attribuita ai tre Patriarchi.
A differenza delle altre tefillot che sostituiscono i korbanot - i sacrifici, la tefillà di Arvit ricorda una cerimonia che si svolgeva nel Tempio di Gerusalemme tutti i giorni, al termine dei sacrifici.
La cerimonia era chiamata "neilat shaarè ha hekhal- la chiusura delle porte del palazzo.
In essa si bruciavano i resti di tutti i sacrifici quotidiani, preparando il Tempio per l'attività del giorno seguente.
Questa è anche la spiegazione del motivo che non si ripete la amidà ad alta voce durante la tefillà di Arvit.

Shabbat shalom