Di Marco Del Monte


“Si gettò al collo di Beniamino e Pianse. Anche Beniamino pianse stretto al suo collo” (Gen 45,14).
I Chachamim ci insegnano che ogni azione dei nostri Padri rappresenta lo svolgersi di dinamiche spirituali e materiali di eventi eccezionali.

In particolare, nel nostro verso, esiste una “anomalia” grammaticale: E’ scritto che Yosef si gettò ai “colli” di Beniamino, usando il linguaggio plurale. Questa particolarità linguistica ci viene spiegata dal Talmud Meghillà 16b: Perché la parola “tzavarei” è plurale, ovvero colli? Quanti colli aveva Beniamino, tanto che il versetto dovrebbe usare il plurale tzavarei anziché il singolare tzavar ? Il rabbino Elazar disse: Questo suggerisce che Giuseppe pianse per i due Templi che erano destinati a trovarsi nel territorio tribale di Beniamino e che erano destinati a essere distrutti. Lo stesso versetto continua: "E Beniamino pianse sul suo collo" ( Genesi 45:14 ), pianse per il Tabernacolo di Shiloh che era destinato a trovarsi nel territorio tribale di Giuseppe e che era destinato a essere distrutto.
Lo Zoar (Zohar Chadash par. Vayetzè) ci fornisce ulteriori dettagli del perché l’immagine del collo rappresenta il Bet Hamikdash: Rabbi Ba a nome di Rabbi Yochannan disse: è necessario rivedere il verso del Cantico dei Cantici (4,4) Il tuo collo è come la torre di David […] e così abbiamo studiato che disse Rabbì Shimon a nome di Rabbi Zera che tutto il tempo che il Popolo d’Israel si occupava di Torà il Bet Hamikdash esisteva. Questo è il significato del verso -Se si accresce la Torà (Mgadelim) come la costruzione della Torre (Migdal) , anche il tuo collo sarà costruito-. E cosa rappresenta il collo? Il Bet Hamikdash.
Il collo è il mezzo che collega mente e corpo cioè spirito e materia, così il Bet Hamikdash rappresentava quel portale che legava i due mondi, e così anche la Torà lega “Et Hashamaym Veet Haaretz, il cielo e la terra”: Ogni azione materiale che compiamo, se viene “spiritualizzata” attraverso le indicazioni dell’halachà risulta una straordinaria fusione di universi paralleli. Quando i due mondi vengono divisi allora si separa corpo e anima. Quando la Torà è studiata e non applicata non costruisce quella Torre solida; d’altronde, quando le azioni materiali non sono legate ad uno scopo spirituale rimangono fragili e provvisorie, come un Tempio che si distrugge, come le due tavole della legge: quando le parole volano e non sono incise nel cuore, nella materia, allora restano solo macerie (Kiviachol). Proprio per questo è scritto che il Mashiach cavalcherà su di un “asino”. Perché proprio un asino e non un animale più forte? Perché non un moderno mezzo di trasporto? Ovviamente il linguaggio della Torà e dei Chachamim ha una profondità straordinaria. Chamor-Asino in ebraico si può leggere anche Chomer, materia. Il cavalcare l’asino, quindi, rappresenta una piena padronanza sulla materia, ovvero una delle caratteristiche che distinguerà il Mashiach. Proprio questa immagine del Mashiach sull’asino, ovvero della Spiritualità unita ma allo stesso tempo dominante sulla Materialità, permetterà di creare la giusta dinamica per ricostruire il terzo Bet Hamikdash, allora Yosef non piangerà più perchè “Az Immalè Sechok Pinu- Allora si riempirà di sorriso la nostra bocca” (Salmo 126).
Con l’augurio di poter sempre sorridere nel terzo Bet Hamikdash presto ricostruito ai nostri giorni!!!
Shabbat Shalom