Di Rav Alberto Sermoneta
Ve'asita 'immadì chesed ve emet al na tiqbereni be mitzraim -
E farai per me un atto di vera bontà: non seppellirmi in Egitto" (Bereshit 47;29)
Troviamo, ancora una volta nel libro di Bereshit, l'espressione "chesed ve emet - bontà vera": la prima volta è Eli'ezer, servo fedele di Abramo che scende in Mesopotamia per cercare una moglie per Isacco, esorta i genitori e il fratello della futura sposa a prendere una decisione se mandarla come sposa a Isacco, con l'espressione:
"ve'attà im ieshkhem osim chesed ve emet - E ora, se volete fare un atto di vera bontà nei confronti del mio signore Abramo..." (Bereshit 24;48)
Nelle due volte questa espressione viene usata per eventi di grande importanza: nel caso di Abramo, per trovare una moglie per Isacco, nel caso di Giacobbe invece, per essere sepolto in Israele e non in Egitto.
La sepoltura e il matrimonio, tornano ad essere additati dalla Torà come gli eventi di estrema importanza per il popolo ebraico.
Nel verso in questione si parla di sepoltura - Giacobbe che vuole anche da morto essere vicino al resto della sua famiglia in Israele e testimoniare alle generazioni future, la storia che fu; Abramo, attraverso Eli'ezer suo servo, vuole garantire alle generazioni future, il continuo divenire e il perdurare nel tempo del suo popolo.
Shabbat shalom