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Di Moshè Marco Del Monte

Vayachalom Yosef…E sognò Yosef. Così come suo padre Yaakov ebbe dei sogni profetici, così accadde anche per il figlio Yosef. Quale è la natura del sogno? Esistono sogni profetici? Tutti i sogni hanno un significato? Già il Talmud ci insegna che il sogno è un sessantesimo della profezia, eppure si afferma che i sogni dicono cose vane, allora come spiegare l’apparente contraddizione.

Di Marco Del Monte 

Adattato da uno shiur di Rav Yona Metzgher (Shalita)
Nella nostra Parashà si inizia a parlare di Yosef. Prima di diventare vice-Faraone, la Torà ci descrive tutte le vicende dolorose e tortuose che lo portarono poi a quella posizione.

Di Rav Alberto Sermoneta

Non c'è dubbio che nella parashà di questo shabbat si abbondi di racconti relativi ai sogni.
Può tranquillamente essere definita insieme all'inizio della prossima, la parashà dei sogni.
Sogna due volte Giuseppe, sogna il capo dei coppieri e il capo dei panettieri; per ognuno di essi vi è una spiegazione che influenzerà fortemente la vita e le azioni di Giuseppe.
Nonostante i Profeti di Israele insegnano dicendo che:"Chalomot shav jedabberu - I sogni parlano di cose vane", la loro influenza non e irrilevante sugli esseri umani.
Il sogno, secondo il talmud, vuole esesre un messaggio da parte delle "Alte Sfere" che c'è chi si occupa e preoccupa di noi.
La halakhà prevede (anche se si tende a non permetterlo più) un digiuno, che in casi particolari si può fare anche di shabbat.

Di Rav Alberto Sermoneta

La parashà di questa settimana, ci descrive Giuseppe figlio di Giacobbe il quale, secondo l'opinione di Rashì, rispecchiava in tutto e per tutto la figura di suo padre. Egli, viene definito, dai Maestri di Israele, con l'appellativo di zaddik - giusto.

Di Rav Alberto Sermoneta

La parashà inizia con il ritorno a casa di Giacobbe, dopo aver trascorso oltre venti anni di lontananza da suo padre Isacco.
Il suo insediamento nella terra di Canaan diviene, almeno per molti anni definitivo, fintanto che non tornerà ad abbandonare nuovamente la terra di Canaan, per scendere definitivamente, fino alla sua morte in Egitto.
Le parole con cui la parashà inizia sono particolarmente strane:
“ Va jeshev Ja’akov be eretz megurè aviv, be eretz Chenaan, elle toledot Ja’akov Josef….- e Giacobbe si stabilì nella terra dove aveva abitato suo padre, nella terra di Canaan, queste sono le discendenze di Giacobbe, Giuseppe…”


Di Rav Alberto Sermoneta

Con questa parashà, che leggeremo shabbat, la Torà ci presenta un nuovo personaggio: Josef, che Giacobbe aveva avuto dalla sua amata Rachel dopo essersi sposato con lei da molto tempo.Josef è considerato, da chiunque si accinga a leggere il testo della Torà, il figlio prediletto da Giacobbe, il quale, si rende ostinati a lui tutti gli altri figli a causa delle disparità di attenzioni.Rabby Ovadià Sforno commenta questo dicendo che per pochi grammi di lana, con cui è fatta la tunica che Giacobbe regala a suo figlio, viene messa a repentaglio la vita e il futuro del popolo ebraico.Infatti, a causa della “tunica a strisce” che Giacobbe regala a suo figlio, Josef viene odiato dai fratelli i quali dapprima tramano di ucciderlo ma poi, presi dal rimorso, lo vendono a dei mercanti, i quali lo porteranno in Egitto e da lì, tutti i suoi discendenti diverranno schiavi del Faraone.È per questo motivo che dalla parashà si impara che nei confronti dei figli non deve essere fatta alcuna imparzialità, in quanto essi debbono essere considerati tutti allo stesso modo e, soprattutto, dimostrando imparzialità ai loro occhi.

Di Rav Alberto Sermoneta

Con questa parashà la Torà ci presenta un nuovo personaggio che ci accompagnerà fino alla discesa dei figli di Israele in Egitto: Josef.
A differenza di Abramo, Isacco e Giacobbe che vengono definiti dalla tradizione ebraica “avot” – Patriarchi, Josef non viene definito tale, ma prende un altro appellativo, forse ancora più importante cioè quello di Zaddik –il giusto.
Una delle spiegazioni data per giustificare questo appellativo è quella che Josef, nonostante la sua schiavitù in un paese con delle tradizioni completamente diverse da quelle dei suoi avi, non esitò mai a presentarsi come “na’ar ‘ivrì” –ragazzo ebreo, anche a costo di rischiare la propria vita.
Ad un certo momento della parashà, la Torà dice:
“vajhì A’ et Josef vajhì ish mazliach vajhì bevet adonav ha mizrì”
il Signore fu con Giuseppe e divenne un uomo prospero e fu nella casa dell’'egiziano”.