Di Marco Del Monte
Vedere la Visione
“VEDI, IO, metto di fronte a voi, oggi, la benedizione e la maledizione” (Deut 11,26)
Nel primo verso della nostra Parashà credo siano racchiuse molte considerazioni di carattere psicologico-religioso.
Basterebbe leggere solo il titolo in forma esortativa per farci capire che dovremmo aprire gli occhi: Ree! Vedi! Entrando più nel particolare notiamo che il testo ci dice che “oggi”, cioè ogni giorno, siamo sollecitati ad attivare una profonda riflessione sulla visione di noi stessi e quindi del mondo. Ciò porta, conseguentemente, a giudizi e percezioni differenti. Quel “Reè Anochi” può essere letto come: “Vedi nel tuo Io”! In base a come la tua visione interpreta le varie dinamiche che ti si presentano, puoi definire lo stesso evento come una benedizione o una maledizione. Ascoltando una lezione di Rav Yehoshiayahu Pinto, il Rav parlava delle persone che vedono sempre una conseguenza negativa anche di un gesto buono nei loro confronti: “Gli si dà una caramella e ti dicono perché vuoi causargli una carie sui denti; gli offri un lavoro ti rispondono che a causa tua non potranno più essere aiutati dai sussidi statali” e così via…
Nella parte finale della Parashà si parla dei Shalosh Regalim, cioè le tre feste di pellegrinaggio, Pesach, Shavuot e Sukkot, dove per l’appunto si ci recava a piedi (Regalim) nel luogo del Santuario. Il termine Shalosh Regalim, lo ritroviamo, in una forma decisamente singolare, nel linguaggio usato dall’asina di Bilaam quando cercò di maledire il popolo d’Israel: “Che cosa ti ho fatto perché tu mi hai percossa già Tre Volte-Shalosh Regalim?” (Num22,29). L’asina usa il termine “Regalim” come sinonimo di “peamim-volte”. Rashì spiega questa particolarità linguistica dicendo che era impossibile per Bilam colpire e quindi maledire un popolo che celebra proprio queste tre feste. Non a caso in queste feste c’è una Mitzvà di “vedere” ed “essere visti” da Hashem, addirittura il korban che si portava veniva chiamato il “Korban Reyà”, cioè “il sacrificio della visione”. Questo modo di correggere le diottrie spirituali che ci permettono di avere una visione nitida del mondo è agli antipodi della visione di Bilam, l’uomo dall’occhio chiuso (Num 24, 3 vedi commento di Rashì).
Il problema di Balak quando si rivolse a Bilam per far maledire Israel è che questo popolo “Khissà et Ein Haaretz” (Num 22,5) aveva, letteralmente, coperto “l’occhio della terra”, cioè aveva cambiato il modo di vedere le dinamiche del mondo. Ecco forse perché uno dei nemici d’Israel è uno stregone cieco di un occhio. La visione monoculare non permette di vedere le cose “in profondità”. Vedere solo la parte negativa, con un occhio solo, ci fa perdere il senso del popolo d’Israel, un popolo che non può essere maledetto perché ha, o quantomeno dovrebbe avere, una “visione corretta”, che si ritrova in particolare in quei tre eventi che rafforzano la visione-Reya che tutto viene da Hashem: essendo Hashem buono, ogni cosa che può apparire, agli occhi di una osservazione orba, come negativa, può e deve necessariamente trasformarsi in una visione più profonda. Forse proprio per questo ad un certo punto Hashem “aprì gli occhi di Bilam” (Num 22,32). Se chas veShalom non si dovessero aprire entrambi gli occhi si rischierebbe di essere come Bilam, un uomo legato all’ “Ain Harà”, cioè all’occhio difettoso, non funzionante un Mal-occhio.
Ma tutto ciò si annulla ricordandoci di Reè, vedere bene, e di avvicinarci (Korban dalla radice Karov) alla giusta visione (Reyà) di Hashem. Come diceva Rabbì Nachman ai suoi alunni: “Hai alzato gli occhi al cielo stamattina?” Lo stesso Rav che scrisse nella sua opera magna, Likutè Moharan, che oggi vediamo sia il bene sia il male, ma quando verrà il Mashiach riusciremo a vedere solo il bene, anche quello che pensavamo fosse male, e capiremo che bastava solo un po’ di “Luce” per vedere meglio!
Buona Visione e Shabbat Shalom