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Di Rav Alberto Sermoneta

La parashà che leggeremo questo shabbat è la stessa che viene letta nella giornata di Kippur: la prima parte nella tefillà di shachrit e la seconda in quella di minchà.
Nella prima parte si narra infatti della cerimonia che il sommo sacerdote svolgeva quando esisteva il Tempio di Gerusalemme, durante i vari sacrifici di quella sacra giornata; mentre nella seconda parte tratta delle regole morali, che il popolo ha il dovere di osservare, per non profanare la Terra di Israele.
Eretz Israel ha la peculiarità di essere una Terra particolare; per viverci bisogna osservare minuziosamente le regole morali e religiose comandate dalla Torà.
"Eretz Israel belì Torà hi che guf belì neshamà - La terra di Israel senza la Torà è come un corpo senza l'anima" - così insegnano i Maestri del nostro popolo.

Proprio per questo, c'è un forte legame tra la parashà di Achare’Mot e la settimana che sta entrando. Fra qualche giorno festeggeremo Yom ha atzmaut, l'anniversario dell'Indipendenza dello Stato di Israele, che cadrà quest'anno, giovedì 12 maggio.
Yom ha Atzmaut è il risultato di secoli e secoli di sofferenze e persecuzioni che il popolo ebraico ha sofferto, stando in Diaspora; dopo circa 2000 anni fu decretato dalle Nazioni Unite il diritto agli ebrei di avere una loro Patria e di essere finalmente indipendenti.
Il nostro compito però, non si esaurisce qui: anzi, dobbiamo comportarci proprio come ci comanda la Torà: "Non comportatevi come fecero i popoli che la abitarono prima di voi i quali, a causa del loro pessimo comportamento, furono cacciati proprio dalla terra stessa".
Il fatto di vivere finalmente in Eretz Israel non autorizza a comportarsi liberamente, profanando, - D-o ne guardi - tutte le mizvot; anzi, vivere su quella Terra, significa incentivarne l'osservanza e mantenere un atteggiamento degno del nostro popolo e di quella che fu la nostra storia.

Shabbat shalom e Chag ha Atzmaut sameach