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Di Rav Alberto Sermoneta

C’è una storiella di un gruppo di suore recatesi in pellegrinaggio in “Terra Santa”, scese all’Aeroporto di Ben Gurion e leggendo nell’insegna Aeroporto di Tel Aviv – Israele, gridano sostenendo di aver sbagliato aereo perché dirette in terra santa.
Questo Shabbat leggeremo la parashà di Behar Sinai; in essa vengono elencate una serie di mizvot (tra l’altro comandate proprio sul Monte Sinai contemporaneamente al Decalogo), che riguardano la Terra di Israele, chiamata per l’appunto “erez ha kodesh” che significa “la terra del Santo”, cioè la Terra che il Signore ha destinato al popolo ebraico..
Queste mizvot si chiamano, secondo la definizione dello shulchan ‘arukh, mizvot telujot ba arez cioè precetti riguardanti la Terra, quindi che si debbono osservare soltanto in Israele.

Ad esse è legata la vita e la condotta del popolo sulla terra di Israele, in quanto essa è considerata la posta in palio, quindi il premio per l’osservanza di tutte le mizvot.  
La mishnà ci insegna “erez Israel belì Torà hi ke guf belì neshamà” (la terra di Israele senza l’osservanza della Torà come un corpo senza l’anima).
Quindi sostengono i Rabbini che nulla e nessuno autorizza chi abita in Israele oggi a trasgredire le mizvot; la terra di Israele è sacra se su di essa vi abita il popolo ebraico che vive in funzione della Torà osservandone i Suoi principi, viceversa sarà la terra stessa a mettere in condizione il popolo di abbandonarla.
La Terra è quindi il terzo dei legami che ci unisce fortemente al Signore: D-o, popolo e Terra; mancando uno di questi il vincolo si scioglie e cade ogni tipo di sacralità.
Nonostante ciò, la terra di Israele, secondo l’interpretazione rabbinica, non può appartenere a nessun altro popolo, nemmeno nel caso in cui gli Ebrei, non meritandolo, vivessero fuori di essa.
Molte volte, nel corso della storia millenaria del nostro popolo, l’abbiamo persa ed è stata abitata da altri popoli, i quali però non sono riusciti a dominarla, potendola lavorare e potendone mangiare i suoi frutti; essa era un deserto arido, tanto da far sì che nessuno riuscisse a viverci più di tanto.
Ogni volta che essa è tornata poi in mano al popolo ebraico è ritornata anche la sua fertilità.
Questa considerazione dei Rabbini, coincide anche con un commento riportato da Rashì, alla prima parola della parashà di Bereshit, in cui si chiede che motivo ci sia di iniziare la Torà dalla creazione del mondo e non dall’uscita degli Ebrei dall’Egitto.
A questa domanda, riporta il commento del Midrash che dice: “la narrazione dell’opera Creativa fa sì che ogni lettore si renda conto che il Mondo è stato creato da D-o ed a Lui appartiene.
Chiunque nel futuro possa accusare Israele di aver derubato la terra ai sette popoli (che allora la abitavano), a costoro gli si risponda che, essendo la Terra appartenente al Creatore è Lui che decide pure a chi concederla e per quanto tempo”.
Guarda caso che coincidenza! Sembra che il midrash fosse stato composto proprio ai giorni nostri!

Shabbat shalom