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Di Marco Del Monte

Nel Midrash Rabbà si narra di come Avraham ospitò tre angeli venuti a fargli visita, ognuno con il suo compito, e li fece ristorare sotto una quercia, “Ilan”. Grazie a questo gesto, Kadosh Baruch Hu decise di far risiedere il popolo d’Israel sotto le Sukkot, non a caso il valore numerico di Ilan 91 è lo stesso della parola Sukkà, ma andiamo oltre.

Secondo lo Zohar, Sembra che la quercia di Avraham Avinu avesse una sua vitalità e che riconoscesse le persone che potenzialmente credevano in Hashem e le persone che invece erano dedite all’avodà zarà, all’ idolatria: A chi credeva nel D.o Unico, la quercia offriva la sua ombra ed i suoi rami si volgevano verso quella persona, al contrario, nei confronti di chi era fermamente credente nella pluralità degli idoli, la quercia ritirava i suoi rami e la sua ombra. Che legame, dunque, può esistere tra la quercia e la festa di Sukkot? In un certo qual modo Sukkot rappresenta la festa dell’anti-idolatria, Hashem è Uno ed Unico pur presentandosi nella Torà con diversi nomi e diverse manifestazioni, attributi. Sukkot ci insegna proprio questo: l’unione tra diverse specie e l’umiltà nella nostra gestione del potere. Il Lulav rappresenta un grande insegnamento per la società moderna: la coesistenza di diversi punti di vista, di diverse personalità, di diverse individualità, rappresentate dal cedro, dal mirto, dalla palma e dal salice; mondi diversi eppure uniti, dove uno non prevarica l’altro bensì rappresenta il completamento dell’altro; seppur mantenendo ognuno il proprio status, la Berachà non vale se NON sono uniti, anche il simbolo del cedro, il quale rappresenta l’elemento apparentemente “distaccato” dalla “società”, dalle tre specie unite, senza di lui, il Lulav è invalido. Questa idea di inclusività e allo stesso modo di rispetto verso la diversità di idee rappresenta un concetto molto antico ma altrettanto moderno: il mantenere la propria individualità staccandosi dall’altro, creando divisioni, spaccature, rappresenta la pluralità dell’idolatria, Hashem ci avverte, Siate un popolo unico dal cuore unico. La Sukkà rappresenta proprio quel ritorno alla semplicità, all’umiltà e all’unione, scevre da “sovrastrutture”, dove l’unica e ideale costruzione solida è quella dell’affidarsi e farsi cullare dall’abbraccio di D.o rappresentato dalla Sukkà, un po’ come tornare bambini e sapere che ogni cosa di cui abbiamo bisogno arriverà dai genitori: affetto, vestiti, cure cibo etc. Non a caso il valore numerico della parola “Sukkà” è lo stesso di Malach”, Angelo, dove le lettere che compongono la parola sono l’acrostico della frase “Ki En Machsor Lireav” (Salmi 34,10) “Poiché nulla manca ai Suoi tementi” (come spiegato in likutè moharan tinyana 1,6).
Forse, proprio per questo Sukkot è Chiamato Il Tempo della nostra Gioia!
Possa Hashem abbracciare ognuno di noi e concederci ogni sorta di Berachà materiale e spirituale e non farci mai mancare nulla!
Shabbat Shalom e Buona festa della Felicità a tutti!