Questo sito usa i cookie di terze parti per migliorare i servizi e analizzare il traffico. Le info sulla tua navigazione sono condivise con queste terze parti. Navigando nel sito accetti l'uso dei cookie.

Di Moshè Marco Del Monte

La nostra Parashà inizia con il comando di eseguire un censimento. Rashì spiega che questo voler contare continuamente i Benè Israel è un atto di amore nei loro confronti, come quando si ha una cosa cara e preziosa, a cui si tiene particolarmente: la si guarda sempre, la si osserva, la si cura.

Il computo avviene contando il singolo ma dando un risultato di un’unità totale. Ed è questo il grande insegnamento che si evince, ognuno è di fondamentale importanza nella sua singolarità e lo è altrettanto nella sua unità con gli altri. Rabbi Nachman in Likutè Moharan (1,34) spiega che in ognuno di noi esiste una peculiarità che non appartiene a nessun altro, come diceva anche il Baal Shem Tov: “Non esiste una goccia di pioggia uguale all’altra”, ognuno di noi ha delle potenzialità che nessun altro ha, per questo ognuno di noi è speciale nella sua individualità, e lo è altrettanto, e anche di più, se si unisce alle potenzialità di tutto il popolo. Questo è dimostrato anche dal fatto che il computo dei figli d’Israel era di circa 600 mila, proprio come le lettere che compongono la Torà: il popolo nella sua unità è come tutta la Torà e se mancasse una sola lettera, quindi un solo individuo, tutto il Sefer Torà sarebbe Pasul, non più Kasher. Per questo, forse, la prima lettera della Torà è una Bet e l’ultima è una Lamed, ovvero le lettere che compongono la parola “Lev” cuore; Il cuore rappresenta le parentesi che contengono tutta la Torà. Proprio questa unità ha permesso di arrivare al punto di spiritualità altissimo raggiunto nel momento del dono della Torà che viene descritto nella condizione di essere “KeIsh Echad Belev Echad”” Come un solo Uomo con un solo Cuore”. Questo implica la non indifferenza nei confronti delle esigenze del prossimo e, nel caso in cui abbia bisogno di noi, essere pronti per intervenire in suo supporto; così la frase “Seù et Rosh col hadat benè Israel” tradotta come conteggia, fai il censimento della congrega dei figli d’Israel, può essere lette anche come “Fai alzare la testa alla congregazione dei figli d’Israel”. Ognuno di noi ha la capacità, qualora sia necessario, di porgere la mano ad un suo fratello, ognuno può far “risollevare la testa” al suo prossimo, ed è questo che ci rende così speciali agli occhi di Hashem: l’immagine di due fratelli che si aiutano, si sostengono nel loro volersi bene, rende ogni genitore felice, anche il “Padre Celeste” di ognuno di noi.

Shabbat Shalom Umevorach