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Di Marco Del Monte


Abramo, appena superata la grande prova della legatura di Isacco, si trova di fronte ad un’altra difficile e dolorosa prova: la morte della sua tanto amata moglie Sara. Abramo è un uomo che secondo la tradizione dovrà affrontare numerose sfide, dieci saranno le più difficili, ma Abramo riuscirà in ogni sua impresa.

Il nome della Parashà è “Chayè Sarà”, le “vite di Sara”. Il termine “Vita”, al singolare, non esiste nell’ebraismo, si parla sempre di “Vite” al plurale. Spiegano i Chachamim il termine Chaym-Vite, dicendo che non esiste la sola vita di questo mondo, ma anche un’ulteriore vita nell’Olam Habbà, nel mondo futuro, secondo alcuni, quella che sarà veramente reale; proprio per questo, la nostra Parashà che parla della dipartita di Sarà, verrà chiamata la “Vita di Sarà” poiché solo da quel momento iniziò la sua “vera” vita. Sappiamo che moglie e marito condividono la stessa Anima, allora quale può essere il legame della Parashà “le vite di Sara” con Abramo? È scritto nella Parashà: “Vayakom Avraham meal penè metò” “Si alzò Abramo dalla presenza della sua defunta” (Genesi 23,3). La stessa frase può essere letta : “Si alzò Avraham dalla sua morte”. Avraham è colui che incarna il concetto della “Techiat Hametim”, della “resurrezione dei morti”, ovvero rialzarsi dopo la morte, dopo un evento così doloroso che ci fa sentire morti, vuoti, distrutti, ma da cui ci insegna Avraham, bisogna risorgere. Avraham è chiamato il primo “Ivrì”, forse traducibile come primo Ebreo. In realtà in senso lato “Ivrì” significa colui che sa “oltrepassare”, colui che nonostante ogni difficoltà sa che riuscirà ad “oltrepassarla”: questo è il grande spirito di un Ivrì. Così come ci sarà quel “Pasoach BeMitzraim-Metzarim” “Oltrepassare l’Egitto” “Oltrepassare le Difficoltà” (Egitto- Mitzraim e Difficoltà-Metzarim si scrivono nello stesso modo). Curioso che si dica che i maestri della Mishnà e della Ghemarà, anche quelli con il livello “più basso”, fossero in grado di compiere la “resurrezione dei morti”. Chissà se oltre a saper veramente riportare un uomo in vita, come si legge in masechet meghillà (l’episodio tra Rabba e Rabbi Zeira, Meghilla pag.7b), forse i chachamim ci vogliono insegnare che nelle parole degli antichi maestri troviamo la forza d rialzarci e ritornare a sentire il senso di vitalità, ritornando ad acquisire quel senso di resilienza implicito nel termine Ivrì, così come scrisse anche Re Shelomò sul suo anello: “Gam Ze Yaavor” “Anche questo passerà”, o come diciamo tre volte al giorno nell’amidà: Baruch Attà Hashem…Mechayè Hametim, Benedetto tu sia Hashem che fai risorgere i Morti, quindi Benedetto Tu sia o Signore che ci dai la forza per rialzarci a nuova vita. 

Lechaym, Alla Vita!!!

Shabbat Shalom