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Di Marco Del Monte

La nostra Parashà si apre con un linguaggio molto particolare: “Vehaya Ki tavò el haaretz”-“E avverrà quando entrerai nella Terra”. Spiegano i Chachamim che la parola “Vehayà” viene usata come “Lashon Simchà”, “Espressione di Gioia”.

Ci si potrebbe quindi domandare come sia possibile usare questo vocabolo, visto che nella Parashà sono menzionate ben novantotto “maledizioni”. Inoltre, il midrash su Bereshit ci spiega che ogni lettera si presentò da Kadosh Baruch Hu perché voleva che si iniziasse la Torà con lei, alla fine delle presentazioni rimasero la lettera Alef e la lettera Bet. Si decise di non far iniziare la Torà con la stessa lettera con cui inizia la parola “arur” “maledetto”, piuttosto far iniziare la Torà con la lettera Bet, con la quale inizia la parola “Beracha” o “Baruch” cioè Benedizione o Benedetto. Come si risolve quindi la questione? Non a caso, spiegano i chachamim, questa parashà si colloca nel mese di Elul, il mese della Teshuvà; infatti, la forza della Teshuvà è immensa poiché ha il potere di trasformare anche ciò che sembra negativo in qualcosa di positivo. Così spiega Ahavat Chaym, Rabbi Menachem Menashe, che, quando una persona fa Teshuvà, cioè ritorno ad Hashem, anche i suoi peccati involontari e volontari gli si trasformano in meriti. Ora possiamo capire che una trasgressione si annulla, ma addirittura trasformarsi in un merito? Come è possibile? Il meccanismo è questo: in sostanza quando una persona era abituata a compiere una trasgressione e ne traeva piacere, il fatto di decidere di fare lo sforzo per Hashem di non trarre più beneficio da quella azione proibita, gli viene riconosciuto come un merito maggiore rispetto a chi non ha mai provato il piacere di quella determinata azione. Mi insegnò il mio Rav, Rav Kahaloun z”L, addirittura se qualcuno sente il desiderio di un cibo Taref e gli viene, quella che viene comunemente detta, l’acquolina in bocca, anche quella sensazione gli si trasforma in un angelo protettore che grida al tribunale celeste il merito dell’impegno e dello sforzo di quella persona, come è scritto “Lepum Tzaara Agrà”” Secondo lo sforzo e l’impegno verrà la ricompensa”. Come spiegano i chachamim, anche l’angelo che si crea dalla trasgressione, alla fine cambierà il suo posto nel Tribunale Celeste e si siederà nella parte della difesa, dichiarando il merito del Baal Teshuvà, come dicono i maestri: “Il posto riservato al Baal Teshuvà è più alto di quello dello Tzaddik che non ha mai trasgredito”. Ecco che la nostra parashà ci racconta quindi, che ogni cosa negativa può trasformarsi in una cosa estremamente positiva, sta a noi innescare questo straordinario meccanismo, ed è proprio questo che ci promette Kadosh Baruch Hu nella Parashà, “Hashem ti renderà sempre testa e mai coda, sarai solo in alto e mai in basso” (Devarim 28,13), come spiega Ben Ish Chay, esistono due appellativi del terzo patriarca da cui prendiamo il nome del nostro popolo: Israel e Yaakov. Yaakov anagrammato dà le parole “Yud Akev”, cioè la yud che si colloca nel calcagno, il punto più basso del corpo; ma poi diverrà Israel, che anagrammato dà le parole Yud la Rosh, cioè la yud che si colloca nella Testa; non solo, “Akev” è una radice che significa “storto”, mentre Israel può essere letto come “Yashar-E-l”, cioè, “dritto verso D.o”. Si vede qui in modo evidente la dinamica della trasformazione da un punto basso ad un punto alto, da una condizione tortuosa ad una situazione lineare. Ed è questo l’augurio che vi mando, cioè che ogni situazione apparentemente tortuosa, diventi una situazione lineare, e che possa Hashem risollevare dal basso chiunque ne abbia bisogno, e riportarlo in alto, nel punto più eccelso.

Shabbat Shalom Umevorach