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Di Marco Del Monte

Questo Shabbat, l’ultimo dell’anno, leggeremo due parashot: Nitzavim e Vajelech. La scorsa settimana abbiamo letto la Parashà di Ki Tavò, parashà che contiene oltre le benedizioni, molte, novantotto, apparenti maledizioni. Spiegano i Chachamim che di solito questa parte della Torà si legge prima di Rosh Hashanà poiché a Rosh Hashanà recitiamo nella preghiera di Achot Ketanà la frase, Tichlè Shanà veKilelotea, Tachel Shanà Uvirchotea, che significa finisca l’anno con le sue maledizioni ed inizi l’anno con le sue benedizioni.

Fatta questa premessa ci si può dunque domandare perché anche le parashot di Nitzavim e Vajelech sono lette prima di Rosh Hashanà. I due termini Nitzavim e Vajelech hanno nel loro significato due dinamiche antitetiche: Nizavim significa stare fermi, Vajelech invece significa muoversi. Molte sono le possibili letture dell’accostamento di questi due termini. La prima lettura è quella che nel rendiconto finale di un ciclo annuale, si fanno un po’ le somme di tutte le circostanze che ci hanno coinvolto, si guarda indietro pensando a tutte le situazioni che ancora sono bloccate, che restano ferme, ma anche tutti i successi e tutte le cose portate avanti, fissando così gli obiettivi per il nuovo anno, cambiando ciò che deve essere modificato (Rosh Hashanà-significa l’inizio del cambiamento), oppure nella ripetizione delle strategie che ci hanno portato al successo (Rosh Hashanà significa anche inizio della ripetizione). Nitzavim e Vajelech ci insegnano anche un ulteriore principio, sempre più necessario nella frenetica società di oggi, ovvero capire che sicuramente devono esserci momenti di cammino, di lavoro, di produzione ma anche e soprattutto c’è, oggi più che mai, la necessità di trovare dei momenti di pausa, di riposo, parimenti importanti e funzionali a riacquisire quell’energia giusta per ricominciare e soprattutto per riacquisire quella dimensione di umanità sempre più maltrattata. Più volte la Torà ci esorta a rispettare lo Shabbat, il giorno di riposo, di eternità, il giorno che nel suo significato racchiude l’anti-idolatria, di cui parlano queste parashot, il giorno per antonomasia in cui ci si ferma per riconoscere la sovranità di D.o sul mondo, in cui si cessa ogni opera di produzione per capire che in questo mondo c’è sicuramente bisogno dell’azione umana, ma sempre con la consapevolezza che ogni situazione racchiude anche la volontà di Hashem, e quando ci si trova di fronte ad un mare che ci impedisce il passaggio, non basta solo camminare ma bisogna anche gridare a D.o che abbiamo bisogno di Lui, affinché Egli dica: Non gridare a me, parla al popolo d’Israel e che vadano! E in men che non si dica ogni mar Rosso si aprirà, portandoci in quella terra promessa, in quella risoluzione di ogni difficoltà di ogni immobilità. Con l’augurio che ognuno di noi possa trovare il giusto modo di rivolgersi ad Hashem per poter sbloccare ogni situazione ferma (Nitzavim) e proseguire (Vajelech) verso ogni obiettivo prefissato!
Shabbat Shalom Umevorach