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Di Moshè Marco Del Monte

Questo shabbat è lo shabbat che cade prima della festa di Purim e fa parte dei quattro Shabbatot “Segnalati”, infatti, si estrarrà un secondo sefer in cui si leggerà la Parashat Zachor, la “Parashà del Ricordo”, o meglio si adempirà ad un precetto ordinato dalla Torà stessa: Ricorda di ciò che ti fece Amalek quando attaccò la parte più stanca e debole del popolo, Non dimenticare!

Quale può essere il legame che unisce la Parashà di Tetzavve, Purim e la Parasha di Amalek?
La spiegazione più conosciuta è che Amman essendo un discendente di Amalek, con le stesse intenzioni malefiche nei confronti del Popolo d’Israel, debba costantemente essere tenuto a mente per salvaguardarsi e difendersi attraverso le Mitzvot e non temere i suoi attacchi perché alla fine Hashem ci salverà da questa battaglia che dura, purtroppo, da molte generazioni. I chachamim spiegano che Amalek può essere non soltanto una persona fisica, esterna a noi, ma un manifestazione del nostro istinto cattivo: Nel momento in cui si sta uscendo dall’Egitto, nel momento in cui ci stiamo risollevando da una situazione difficile, nel momento in cui l’entusiasmo sta iniziando nuovamente a fiorire, Amalek ti può “karechà” “Raffreddare”, far perdere la speranza e la passione nell’intraprendere l’Avodat Hashem, il Servizio di D.o.
il Pericolo non si manifesta solamente nei momenti di sconforto, può avvenire anche nei momenti in cui ci sia maggiore abbondanza, benessere, agiatezza: Quando ci si sente come un Re, come il Re Achashverosh.
La Parashà di Tetzavvè inizia proprio con la descrizioni delle vesti sacerdotali; nel primo capitolo della Meghillà c’è una lettera che è scritta più grande, la lettera Chet con valore numerico di otto. Così spiegano i chachamim, Achashverosh si vestì proprio degli otto abiti del Cohen Gadol, proprio quelli descritti nella nostra Parashà. Oltre ciò usò anche gli strumenti sacri del Bet Hamikdash come strumenti da servizio per il suo sontuoso banchetto, un banchetto in cui parteciparono gli Yehudim, un banchetto Kasher Lemehadrin con un Mashghiach di eccellenza, Mordechai stesso, il quale avvertì tutti di non partecipare comunque. Ecco il paradosso, un banchetto totalmente Kasher ma nella sua essenza dissacrante, e quindi totalmente “Non Kasher”. Non si può usare la corona della Torà per scopi personali, non si possono usare oggetti e concetti sacri per manifestazioni culturali, scopi individuali, motivazioni egoistiche, anche se decretate dal Re di centoventisette paesi. Mordechai non si piegò a nessun tipo di questi istinti, per questo viene chiamato Yehudì, ed è questo lo spirito che ci ha tramandato il nostro progenitore, quella forza di dire “Umordechai Lo ichrà velo Ishtachavvè” “EMordechai non si inchinava ne si prostrava”, è fondamentale “ricordarlo” ogni momento della nostra vita, anche quando ci sentiamo come la parte più debole del popolo, Hakadosh Baruch Hu Matzilenu miyadam” “Kadosh Baruch Hu ci salva dalle loro mani” “Al Tishkach” “Non Dimenticarlo”.

Shabbat Shalom e Purim Sameach