Questo sito usa i cookie di terze parti per migliorare i servizi e analizzare il traffico. Le info sulla tua navigazione sono condivise con queste terze parti. Navigando nel sito accetti l'uso dei cookie.

Di Moshè Marco Del Monte

Nella Parashà della settimana Moshe ed Aharon si presentano al Faraone, a nome di Hashem, chiedendo di lasciar liberi gli Ebrei.

Il Faraone non conosce Hashem, il suo cuore rimane insensibile. A volte può capitare che uno Yehudi si trovi nella condizione chiamata “Parò”, ”Faraone”. La parola “Parò” può leggersi anche come “Pe-Rà” La Bocca Malvagia” oppure anagrammando la parola ne esce fuori il termine Oref “Cervice”, inoltre il Faraone è chiamato anche il “grande serpente” (shemot rabba), colui che indurisce il suo cuore. A volte può capitare di non riconoscere Hashem, sia come presenza costante nella nostra vita sia nello svolgersi degli eventi naturali; A volte addirittura ci si arrabbia con Hashem parlandoNe anche male (pe-ra).  Nei casi peggiori Gli si volta la faccia mostrando la propria cervice (oref) e indurendo il proprio cuore. Ecco proprio in questi momenti dovremmo cercare di trovare un proprio Moshè, che anagrammato da proprio la parola “Hashem”. È proprio in quei momenti che abbiamo bisogno di colpire questo Faraone, a volte usando proprio un bastone che diventerà serpente, il serpente che attacca il “grande serpente” e lo inghiotte, o meglio contro la forza dello “yetzer hara”, del cattivo istinto, bisogna avere altrettanta forza. Contro le astuzie che ci inducono ad autoconvincerci che una trasgressione è lecita, trovando moltissimi stratagemmi e ragionamenti logici, proprio lì bisogna usare gli stessi mezzi, le stesse raffinate argomentazioni per contrastare il Satan, proprio quel serpente che in Bereshit viene definito come il più astuto fra tutti gli animali. Middà Keneghed Middà, misura contro misura. Solo così si può uscire da ogni Egitto e non rimanerne schiavi, o avvelenati, solo così si arriverà alla Redenzione individuale e generale.
Shabbat Shalom