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Di Rav Alberto Sermoneta

Il prossimo shabbat leggeremo il secondo capitolo dei “pirkè avot”.
L’ottava mishnà ci insegna un qualcosa di particolarmente interessante, a nome di uno dei grandi Maestri della tradizione rabbinica: Rabban Jochannan ben Zakkai.

Questi, durante l’assedio di Gerusalemme da parte dei romani, quando vi era il divieto d’ uscire dalla città se non da morti, si finse tale e, d’accordo con i suoi discepoli fu portato fuori da Gerusalemme.
Il prossimo shabbat leggeremo il secondo capitolo dei “pirkè avot”.
L’ottava mishnà ci insegna un qualcosa di particolarmente interessante, a nome di uno dei grandi Maestri della tradizione rabbinica: Rabban Jochannan ben Zakkai. Questi, durante l’assedio di Gerusalemme da parte dei romani, quando vi era il divieto d’ uscire dalla città se non da morti, si finse tale e, d’accordo con i suoi discepoli fu portato fuori da Gerusalemme.
Rabban Jochannan ben Zakkai volle la costruzione dell’Accademia rabbinica di Javne e quando qualcuno gli rimproverava di non aver fatto abbastanza per risparmiare il Bet Ha Mikdash dalla distruzione (avrebbe potuto chiederlo all’imperatore Vespasiano al quale predisse la sua nomina ad Imperatore e a cui aveva invece chiesto aiuto per ottenere la scuola di Javne), egli soleva rispondere in questo modo: “tafasta mi’utè tafasta, tafasta merubè la tafasta” (chi vuole ottenere poco riesce, chi vuole ottenere molto non riesce a niente).
Egli non poteva altri che sostenere ciò che ci insegna la mishnà in questione, la quale dice:
“ Rabban Jochannan ben Zakkai ricevette (questo insegnamento) da Hillel e da Shammai;
egli diceva – se hai studiato molta Torà non fartene un vanto, perché è per questo motivo che sei stato creato!”.
Si spiega questa massima dicendo che, per il fatto che tu hai dedicato tanto della tua vita allo studio della Torà, non puoi considerarti come invece si considera chi ha fatto una cosa che non gli era stata richiesta, perché lo studio della Torà per un ebreo è un dovere. E non solo, non devi nemmeno dire che, “visto che ho studiato tanta Torà, smetto e oltre a non studiarla non la insegno.
Oltre il dovere di studiarla, hai anche quello di insegnarla, secondo ciò che è detto:
“lilmod u lelammed lishmor ve la’asot” (studiare e insegnare, osservare e mettere in pratica).
Il Profeta Giosuè dice al popolo: “non si allontani questo libro della Torà dalla tua bocca e lo studierai giorno e notte”.