Di Rav Alberto Sermoneta
“Quest’anno siamo qui schiavi, l’anno prossimo nella terra d’Israele liberi”
La differenza di terminologia che si trova nelle espressioni contrarie “schiavi” e “ liberi” è, secondo gli esegeti del testo della Haggadà di Pesach, sostanziale.
Infatti se il termine schiavi viene tradotto “Avadim”, quello di liberi viene tradotto “Bené Chorin”; la parola “chorin” “liberi” viene preceduta da “benè” che vuol dire figli; potremmo quindi meglio tradurre: “figli della libertà”.
Perché questa eccezione? Una spiegazione esauriente è che la condizione di schiavo, non prevede figliolanza: lo schiavo si trova in una posizione gerarchica inferiore alla condizione di uomo libero, e nel caso in cui avesse avuto un figlio, questi non gli veniva riconosciuto “figlio”, finchè non fosse stato liberato e quindi avesse avuto la facoltà di poterlo riscattare.
Cari Amici, la festa di Pesach è ormai alle porte e noi ebrei ci accingiamo a prepararci all’inizio di un nuovo periodo che sicuramente sarà migliore di quello che lo ha preceduto. La libertà è un bene assai caro agli uomini che ci è stato dato direttamente da D.O, che per farcelo apprezzare ci ha messi alla prova, facendoci soffrire le pene della schiavitù.
Possa il Signore benedirVi insieme alle Vostre famiglie e ricompensarVi con ogni bene.