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Di Marco Del Monte

Nello Shabbat di Chol Hamoed di Pesach viene interrotta la lettura ciclica delle Parashot annuali. Si estraggono due sefarim, e si legge nel primo, il brano della Parashà di Ki Tissà.

Il brano inizia trattando il peccato del vitello d’oro per poi arrivare ad esporre l’argomento di Pesach; quale può essere dunque la collocazione di questa Parashà proprio in questi giorni?
Come sappiamo, dal secondo giorno di Pesach si inizia un percorso di salita, di automiglioramento, che dura sette settimane, il tempo necessario per completare questo iter spirituale e sfociare nel culmine della santità ovvero Shavuot, il momento in cui si riceverà la Torà.
La cosa che può sorprendere è che si inizia con Pesach, con la Matzà, il pane non lievitato, e si finisce con Shavuot, festa in cui si presentavano dei Pani ben lievitati. Credo che Pesach rappresenti tutti i momenti in cui si riparte da zero, dalla Matzà chiamato “Lechem Oni” cioè il pane della povertà, ma che si può tradurre anche come il pane dell’umiltà. L’umiltà di chi comincia oppure, molto spesso, ricomincia da zero. E’ quella stessa determinazione che spinge ognuno a trovarsi di fronte ai vari “Mar Rosso” della vita, sapendo che buttandosi nell’acqua fino quasi ad affogare, come fece Nachshon ben Aminadav, vedrà le sue aperture del mare, e tutte le difficoltà che lo rincorrevano, rappresentate dall’immagine dei carri Egiziani, saranno gettate nel mare.  Come spiega Rabbì Nachman nel Likutè Moharan, non bisogna spaventarsi quando si deve ricominciare da zero, sia materialmente sia spiritualmente, perché attraverso l’umiltà di sentirsi piccoli ed invocare l’aiuto di Hashem si può sempre tendere verso il picco massimo, verso il Pane Lievitato. Molte volte questo percorso è composto da momenti come Pesach, in cui avviene tutto in fretta, a volte richiede un percorso temporale più lungo, come scritto nel Talmud in Masechet Berachot 64,a: “Il rabbino Avin HaLevi ha detto: “Se uno forza il momento, il momento forza lui e viene respinto. Se uno si arrende al momento, il momento cede a lui”. Come a dire se si vuole ritardare troppo un tempo in cui ci si deve affrettare, mangierà Chametz di pesach; d’altronde, chi avrà troppa fretta di raggiungere un risultato, peccherà creando un vitello d'oro di qualsiasi genere. Insomma, non a caso il popolo d’Israel conosce molto bene l’uso che deve essere fatto del tempo, per questo benediciamo a Pesach dicendo: Baruch Mekaddesh Israel Veazemanim, Benedetto Colui che Santifica Israel ed i Tempi, oppure Moadim Lesimchà, cioè, possano essere i (tuoi) Tempi verso la (direzione della) Gioia.

Quindi Moadim Lesimchà a Tutti!!!