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Di Rav Alberto Sermoneta

Durante la giornata del Kippur noi recitiamo dieci vidduim;
in ognuna delle cinque preghiere che recitiamo in questa giornata, recitiamo due vidduim: uno nella 'Amidà sotto voce, uno in quella ad alta voce.
Per quale motivo avviene questo?
La risposta è semplice:
un bambino che frequenta una determinata classe a scuola, deve studiare una certa materia, egli la studia con intensità e dedizione.
Passando alla scuola di grado superiore, egli studierà la stessa materia in modo più approfondito, tanto da non ricordarsi affatto di averla già studiata e così, via via, ogni volta che passerà da un grado all'altro ed ogni volta sembrerà che stia studiando qualcosa di diverso.
Si racconta di Rabby Sa'adià Gaon che usava fare teshuvà ogni giorno, ogni volta con un gran pianto e immenso dolore.
Gli chiesero per quale motivo egli si comportasse così e quali gravi trasgressioni avesse commesso da fare una così grande teshuvà, tutti i giorni della sua vita.
Per spiegare ciò egli racconto di un uomo ebreo sconosciuto, che entrò in una Sinagoga a pregare; al momento del suo ingresso, tutti lo guardarono con disinteresse, ma quando si accorsero che egli sapeva pregare in modo non indifferente, si recarono a chiedergli scusa.
Non solo, quando si accorsero che conosceva cose di Torà, andarono ancora a scusarsi con lui; si accorsero ancora che disputava di talmud con i Rabbini del Tempio e tornarono nuovamente a scusarsi con lui, finchè non si accorsero che egli era un grande studioso e maestro di cose importanti – occulte e manifeste ed allora si recò tutta la kehillà a porgergli le scuse di tutta la Comunità perché non gli avevano reso l'onore che meritava.
Da ciò ho imparato, disse Rabby Sa'adià Gaon – che se per onorare un uomo per la sua grandezza abbiamo dovuto arrecargli delle scuse più volte, per essersi disinteressati di lui, tanto più per il Santo Benedetto Egli sia.
Quando di 'Arvit noi diciamo ashamnu – bagadnu- gazalnu ecc. raggiungiamo una tappa verso D.e verso la Sua unicità, a shachrit, le tappe sono completamente diverse dalla prima, nonostante il modo di arrivarci fosse lo stesso di 'Arvit. La stessa cosa vale per Musaf, Minchà fino all'ultimo viddui, quello della Neillà ed ogni volta che ciò avviene, ci accorgiamo che la dimensione è sì più alta, ma allo stesso modo manca ancora molto e allora torniamo nuovamente a confessarci.
E' per questo che in ogni tefillà che recitiamo di jom Kippur, due vidduim per ognuna delle Tefillot.
Allo stesso modo di come recitiamo il viddui diversamente dagli altri giorni comuni, così a differenza di ciò che accade tutti i giorni dell'anno, di Jom Kippur recitiamo in ogni tefillà il Keter invece che Nakdishach.
Solitamente la formula Keter Ittenù lekhà, viene recitata soltanto nella tefillà di Musaf, in quanto essa è la preghiera che simboleggia la giornata festiva: shabbat, Rosh Chodesh, Shalosh regalim e Rosh ha Shanà, per indicare che quel giorno è diverso dagli altri giorni della settimana o dell'anno. La sacralità di quei giorni è manifestata dal cambiamento della formula della Kedushà, in cui viene aggiunta la descrizione dell'unione spirituale fra gli esseri celesti – I Malakhim e gli esseri terrestri – noi ebrei.
Insieme, come viene descritto dalla formula stessa “Shoalim ze la ze ajè mekom kevodò” “chiedono l'uno all'altro dov'è il luogo della Sua Gloria”, gli Angeli e gli Ebrei, raccolti in una preghiera continua e concentrata, si ritrovano per innalzare a D. le loro lodi.
Questo durante il giorno del Kippur, non può avvenire perché la presenza divina è in mezzo a noi e noi preghiamo Iddio insieme agli Esseri Celesti e la kedushà aggiuntiva, che gli altri giorni è simboleggiata con il KETER di musaf, nel giorno del Kippur è simboleggiata sempre in ogni tefillà.