Di Marco Del Monte

“Alzò gli occhi e vide, ed ecco tre uomini erano presenti su di lui”
Spiega il Ben Ish Chay sul libro Benayahu Ben Yehoyadà sulla Torà, parashat Vayerà, che questa frase contiene un grande segreto sul movimento ed unione di Anime.

Scrive il Ben Ysh Chay sulla frase “alzò gli occhi” che, se si guarda chi è più in “basso” di noi sarà impossibile essere umili, poiché si vedrà sé stessi superiori al nostro prossimo e sicuramente ci si potrà insuperbire di questo. Ma se uno “alza gli occhi”, come a dire, guarda chi è migliore di lui, allora potrà rendersi umile, e riuscirà a capire le sue mancanze. Prendendo consapevolezza di ciò, migliorerà sé stesso con un sentimento di umiltà. Continua il Ben Ysh Chay scrivendo: “E’ risaputo che, quando una persona in questo mondo è molto attento nel compiere una mitzvà dove un grande tzaddik a sua volta è stato molto attento, ecco che lo stesso Tzaddik viene e si “attacca” a questa anima per aiutarla nel compiere questa mitzvà”. Questo fenomeno in Kabbalà si chiama “Ibbur”, termine che indica lo stato di quando si è incinta: in altre parole, così come nell’essere incinta ci sono due o più corpi uniti, nell’ibbur ci sono due o più anime unite.
Riguardo a ciò ci descrive il Ben Ysh Chay un episodio che successe ad Ari Hakadosh con il suo alunno Rabbì Chaym Vital (preso dal shivchè Ari”zal fine perek vav), che una volta si alzò di fronte al suo alunno Rabbì Chaym Vital, e quest’ultimo si stupì dicendo al maestro: “Che cosa c’è di diverso oggi dagli altri giorni?”. Rispose l’Ari”zal: “Non mi sono alzato di fronte a te ma di fronte a Benayahu Ben Yehoyadià che è con te”.
Spiega il Ben Ysh Chay che tre Tzaddikim sono stati particolarmente attenti nella Mitzvà dell’umiltà: Avraham Avinu; Moshè Rabbenu; David Hammelech. E dunque chiude il cerchio il Ben Ysh Chay dando una spiegazione del verso succitato: Quando siamo abituati ad “alzare gli occhi”, il ciò significa che di base sono rivolti verso il basso, stando ad indicare un atteggiamento di umiltà, “Ecco tre uomini si trovano con lui” e cioè, si uniranno alla sua anima le tre anime dei tzaddikim che erano attenti in questa mitzvà: l’anima di Avraham di Moshè e di David. Questo è il segreto dell’unione delle anime in questo mondo con le anime dei Tzaddikim che vengono a rinforzarci. Questa dinamica di unione di anime si ritrova in forma diversa anche nello Shabbat: La “Neshamà Yeterà” cioè l’anima supplementare. Spiegano i Chachamim che nello Shabbat viene a noi un’anima supplementare a rafforzare la nostra anima, proprio per questo, secondo l’halachà, all’uscita di shabbat facciamo la berachà dei profumi, perché il profumo è un nutrimento per l’anima. La parola stessa Neshamà-Anima può essere letta come Neshimà-Respiro, come a dire attraverso il respiro rigeneriamo l’anima che nella sua venuta dentro Adamo venne insufflata proprio dalle narici. Non a caso quando sentiamo passare un buon profumo senza saperne la provenienza si dice: “E’ un Anima Buona che è passata”.
Con l’augurio di passare ogni Shabbat accompagnati dalla Neshamà Yeterà e da altre Neshamot di Tzaddikim.

Shabbat Shalom