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Di Rav Alberto Sermoneta

Con questa parashà la Torà ci presenta un nuovo personaggio che ci accompagnerà fino alla discesa dei figli di Israele in Egitto: Josef.
A differenza di Abramo, Isacco e Giacobbe che vengono definiti dalla tradizione ebraica “avot” – Patriarchi, Josef non viene definito tale, ma prende un altro appellativo, forse ancora più importante cioè quello di Zaddik –il giusto.
Una delle spiegazioni data per giustificare questo appellativo è quella che Josef, nonostante la sua schiavitù in un paese con delle tradizioni completamente diverse da quelle dei suoi avi, non esitò mai a presentarsi come “na’ar ‘ivrì” –ragazzo ebreo, anche a costo di rischiare la propria vita.
Ad un certo momento della parashà, la Torà dice:
“vajhì A’ et Josef vajhì ish mazliach vajhì bevet adonav ha mizrì”
il Signore fu con Giuseppe e divenne un uomo prospero e fu nella casa dell’'egiziano”.

Il comportamento divino nei confronti di Josef, fu diverso e al di sopra del comportamento che Egli ha con qualsiasi altro uomo, persino di quello che ebbe con Ja’akov suo padre.
Fanno notare i Maestri che il testo dice “ish mazliach” un uomo che qualsiasi cosa avesse fatto era scontato che gli fosse riuscita, mentre per suo padre, anche con l’appoggio divino, aveva però bisogno di faticare per conquistarsela.
Chiaramente questo atteggiamento gli provocava la gelosia di chiunque, al punto che persino Potifar, suo padrone che lo proteggeva, divenne geloso di lui e lo fece rinchiudere nelle prigioni egiziane.

Shabbat shalom