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Di Moshè Marco Del Monte

"E non capiti che dica in cuor tuo: E’ stata la mia forza e la capacità delle mie mani che hanno prodotto questo bene per me, piuttosto dovrai ricordare l’Eterno, il tuo Signore, perché è Lui che, per mantenere fede al patto che ha giurato ai tuoi padri, ti dà la forza per produrre ogni bene, come oggi avviene”.

Spiega il Ben Ish Chay (Ekev shanà alef e bet), che non si dice “Vezachartà”” E ricorderai”, se non per una cosa che si tende a dimenticare, come nel caso dello Shabbat dove è scritto “Zachor et yom hashabbat”, per insegnarci che la routine quotidiana potrebbe tendere a farci compiere azioni automatiche che potrebbero chas veshalom portare a profanare lo Shabbat. In questo caso, come spiega Rashì, la parashà di Ekev, termine che può significare “Tallone”, ci fa notare e ci invita a porre più attenzione a quelle mitzvot “semplici”, “automatiche", “lievi”, quei i comandi che una persona di solito “calpesta” ovvero che è incline a trattare con leggerezza. In particolare, un precetto potrebbe essere facilmente dimenticato, e cioè quello di ricordarci ogni istante della presenza costante di Hashem, come è scritto nello Shulchan Aruch, Shivviti Hashem leneghdì Tamid” “Ho posto Hashem di fronte a me sempre”. In questo senso ci avverte la Torà di ricordarci che la fonte di ogni berachà in particolare, e di ogni energia in generale, ha la radice in Kadosh Baruch Hu. Spiega il Nefesh Hachaym che, se chas veshalom Hashem volesse distruggere il mondo, non dovrebbe mandare dei distruttori, basterebbe che cessasse il flusso di energia che dà vita e forza a tutto, come è scritto “Hamchadesh tuvò bechol yom, tamid” “Che rinnova il Suo bene, ogni giorno, sempre”, cioè che costantemente scende dal cielo una “Shefa” “abbondanza, flusso energetico” che dà la possibilità al tutto di muoversi. A volte, come è scritto nel libro Tomer Devorà di Rabbi Moshè Kordovero, addirittura usiamo l’energia che Kadosh Baruch Hu ci dà per “non eseguire” la Sua volontà, e continua a spiegare che proprio per questo Hashem è chiamato Infinitamente Paziente, nell’attendere che la persona faccia Teshuvà.
Spiega ancora Ben Ysh Chay che essendo abituati a vedere lo svolgersi naturale degli eventi mondani, si potrebbe facilmente dimenticare del costante intervento Divino che si nasconde dietro la natura, non a caso il nome E-lokim ha lo stesso valore numerico di natura. Credo che dovremmo dare ogni istante il giusto riconoscimento alla Radice da cui tutta la vitalità deriva, pensando che ogni Mitzvà non sia solo un obiettivo a sé, ma anche e soprattutto un mezzo per legarsi alla Volontà Superiore, il termine stesso Mitzvà, ha nella sua radice l’accezione di “legare”. Ricordiamoci di Hashem affinché Lui ricordi noi, chiamiamo il nostro Padre, pensiamolo, cerchiamo di mantenere sempre questo contatto, e vi assicuro che sarà proprio chi è dietro la natura a far si che il mondo giri intorno a voi e vi accorgerete di quanti miracoli giorno dopo giorno vi accadranno!!!!

Shabbat Shalom Umevorach